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giovedì 8 dicembre 2011

STORIKA - QUARTA ED ULTIMA PARTE -

È sempre bene porre grande attenzione nello scegliere una casa editrice.
Per proporre STORIKA noi optammo per una ubicata in una paese a nord di Novara, il cui fondatore, Mario, è un ragazzo molto noto nel settore nonché persona di grande esperienza.
Chi bazzica l’ambiente ludico italiano sa benissimo di chi sto parlando…
Io ebbi l’occasione di incontralo la prima volta a IDEAG (dove conobbi anche Matteo, un suo collaboratore, ma per mancanza di tempo ci limitammo ad una semplice stretta di mano e poco altro), De Marchi e Renny invece lo conoscevano già da tempo poiché frequentavano e frequentano tutt’ora l’associazione ludica di cui Mario e Matteo fanno parte.
Incontrammo i ragazzi un lunedì sera al primo piano di un caratteristico bar nel centro della cittadina; ci dedicarono un’oretta prima che la sala si riempisse con l’arrivo dei membri dell’associazione.

Era finalmente arrivato il nostro momento, l’occasione di testare di fronte a persone esperte e preparate la nostra “creatura”; chiaramente noi eravamo un po’ tesi ma loro ci misero subito a nostro agio e dopo avergli spiegato brevemente lo scopo e le caratteristiche di STORIKA, cominciammo a giocare.

Cinque giocatori era l’ideale per una partita, non rappresentando ne il limite inferiore di 3 ne il massimo di 7; in tre conoscevamo già il gioco quindi potevamo sveltire le operazioni preliminari e fugare eventuali dubbi sull’uso di alcune carte; la partita idealmente avrebbe dovuto durare una quarantina di minuti permettendo un buon giro sia di carte evento che di risorse…tutto ok quindi ?!
Per niente!
A sconvolgere tutti questi buoni presupposti ci pensò un evento raro ma che purtroppo può capitare…la partita ANOMALA!

Dovete sapere che per vincere in un gioco con le caratteristiche di STORIKA è bene fare attenzione alle mosse degli avversari, in modo da capire in quale epoca sono intenzionati a far svolgere lo scontro; bisognerebbe anche notare le carte che ciascun giocatore scarta, così da escludere eventuali mosse che potrebbero fare o non fare; poi c’è ovviamente la componente di fortuna (essendo essenzialmente un gioco di carte) che fa si che con poche pescate si riesca ad avvantaggiarsi nei confronti degli altri.

Matteo completò lo schieramento in men’ che non si dica e dichiarò guerra; lo fece per vedere se anche giocando frettolosamente il gioco risultava comunque “robusto”, per usare un’espressione cara ai chimici (l’espressione si usa nel caso in cui anche cambiando drasticamente un certo numero di parametri, il metodo analitico in questione risponde comunque entro certi limiti)!
In effetti il verdetto del gioco fu veritiero: Matteo, pur dichiarando guerra per primo, arrivò ultimo.
Così facendo però molte carte degne di nota non fecero in tempo ad essere giocate, mentre altre che avrebbero dovuto uscire con il contagocce arrivarono copiose e grazie alle loro abilità speciali sbilanciarono il punteggio a favore mio e di De Marchi (che risultò vincitore).

Alla fine della fiera questa partita anomala non rese pienamente giustizia a STORIKA: dalla discussione finale emersero più dubbi che certezze; agli occhi dei “giudici” il gioco risultò godibile ma non ottimamente bilanciato; l’idea c’era ma l’ambientazione poteva essere migliorata, soprattutto in virtù del fatto che unire elementi di epoche diverse non quadrava molto con il nome STORIKA…come dargli torto…
Furono fatte numerose critiche costruttive e ci vennero dati parecchi consigli utili; al di la di tutto l’incontro poteva considerarsi positivo.

La sala cominciava lentamente a riempirsi, per me era giunta l’ora di tornare a casa, De Marchi e Renny si soffermarono ancora un po’ a giocare con gli altri.
STORIKA aveva avuto la sua occasione, uscendone senza infamia ne lode.
Mentre percorrevo la strada che mi riportava verso Novara ripensavo alle parole lette sulla prefazione di “Guida all’autoproduzione” , scaricata dal sito della POST SCRIPTUM, che avevo studiato attentamente prima di iniziare questa avventura:

“ti mostrano le loro creazioni come mostrerebbero un figlio. Spesso, proprio come i genitori, non ne vedono i difetti e chiunque abbia un minimo di buon cuore non oserebbe mai contraddirli”.

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