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martedì 23 aprile 2013

FANFICTION LE CRONACHE DEL VERBANO: "LA STORIA DI SIR GEORGE E IL DRAGO MELBOR" (n°3)



racconto presentato da Massimiliano Troscia

Milano, inverno del 1309.
Il fuoco crepitava vivacemente nell’enorme camino in pietra della cucina, riempiendo la stanza di ombre tremolanti.
Giorgione infilò accuratamente l’ultimo ceppo di legna nel vivo delle fiamme e restò un istante ad osservarlo mentre veniva avvolto dalle lingue di fuoco.
“Ecco fatto, questo dovrebbe scaldarci per il tempo necessario a raccontavi un’ultima storia” disse facendo cenno ai bambini di avvicinarsi, “ma che sia l’ultima!” aggiunse sorridendo bonariamente.
“Siii!” urlarono in coro i piccoli che erano accovacciati a gambe incrociate all’ingresso della cucina.
“Ti prego, raccontaci quella di sir George e del drago Melbor!” lo implorò Azzone, il più giovane.
“Sir George, si, è tanto che non ce la racconti” gli fecero eco gli altri.
“E va bene, vada per sir George” rispose Giorgione, sistemandosi pazientemente sullo sgabello con le spalle rivolte al camino.
Giorgione, il vecchio cuoco di palazzo dei Visconti, era davvero bravo a raccontare storie di draghi e cavalieri ed ogni sera intratteneva il suo pubblico fatto di bambini e ragazzi appartenenti alla corte viscontea con un racconto diverso.
Azzone, in particolare, non mancava mai un appuntamento, e quella del drago Melbor era senza dubbio la sua storia preferita…

<< Il drago lo fissava con i suoi grandi occhi dai riflessi rosso fuoco.
Uno sguardo che stranamente non trasmetteva ferocia o rabbia come ci si poteva aspettare in una situazione del genere, ma pietà.
Pietà non implorata, bensì rivolta a chi gli stava di fronte!
Sir George era pronto ad affrontare qualunque tipo di espressione da parte di una creatura conscia di essere giunta ai suoi ultimi istanti di vita, dallo stupore alla paura più profonda, ma mai si sarebbe aspettato che la sua vittima lo guardasse con pietà, quasi a volerlo perdonare per ciò che stava facendo.
Gluk… Glak…
Goccie di umidità, cadendo dalla moltitudine di stalattiti che formavano il soffitto della caverna, interrompevano di tanto in tanto il silenzio che si era creato dopo che la creatura, con un urlo agghiacciante, era stramazzata al suolo colpita dal dardo avvelenato scagliato dalla balestra di sir George. Non un veleno mortale ma un siero magico, capace di immobilizzare temporaneamente i poderosi muscoli del drago.
Prima di partire per la città di Solem sir George si era recato da padre Gauto per farlo benedire, nonostante le rassicurazioni ricevute da Gavino, l’alchimista di corte, riguardo l’efficacia di questo intruglio che aveva confezionato appositamente per l’occasione.
“Che il signore ti accompagni, figliolo” gli gridò il frate, mentre sir George si stava allontanando a cavallo del suo destriero, diretto all’antro del drago Melbor nelle lontane terre di Re Bedivere.
Il sovrano era in cerca di un prode cavaliere in grado di sconfiggere un famelico drago che infestava il suo reame,  e chi meglio di sir George, combattente valoroso e senza macchia, poteva risolvere una situazione del genere?
Quando i messaggeri reali lo raggiunsero e gli portarono la richiesta di aiuto del monarca, sir George non ebbe esitazioni e rispose prontamente.
Non aveva mai avuto a che fare con un drago… aveva battuto in combattimento decine di cavalieri, messo in fuga bande di briganti ed eserciti di mercenari dell’est, una volta aveva addirittura sconfitto un gigante delle montagne nella Caledonia meridionale, ma di draghi proprio non se ne intendeva, nel suo paese  oltre lo stretto della Manica se ne vedevano raramente e quei pochi non avevano mai fatto parlare male di sé.
“Mira alla base del collo” era stato il suggerimento di Gavino, “in quel punto pare che le scaglie della sua corazza siano meno dure”…
E così aveva fatto, nella penombra della grande grotta, con il sudore freddo che gli scendeva a rivoli sugli occhi, era riuscito a dirigere il dardo proprio al centro del bersaglio che si era prefissato.
Ora che il drago Melbor era alla sua mercè però qualcosa di inesplicabile lo tratteneva dallo sferrare il colpo di grazia.
SAPEVO CHE SARESTI ARRIVATO.
Una voce greve e profonda giunse all’orecchio del cavaliere. Ma non proveniva dalle fauci serrate della creatura…
ULTIMAMENTE VOI UOMINI AVETE COMINCIATO A GUARDARCI CON SOSPETTO E TIMORE, AVETE CREATO FALSE LEGGENDE CHE CI HANNO MESSO IN CATTIVA LUCE AGLI OCCHI DEL POPOLO…
Melbor, non potendo muovere alcun muscolo, stava comunicando grazie alla smisurata forza della sua mente, pensò sir George, che era stato messo in guardia da Gavino anche su questa possibilità.
“I draghi hanno un linguaggio proprio” lo avvertì l’alchimista, “ma non possono essere compresi da noi uomini, solo elfi e gnomi conoscono i segreti per comunicare con loro, però la loro mente è estremamente potente, si dice che riescano a parlare anche attraverso essa”.
Memore di quelle parole non si fece cogliere impreparato: “creatura demoniaca” disse prontamente con voce ferma, rinfrancato dal fatto di aver scalfito la leggendaria corazza del drago al primo tentativo, “non mi ingannerai con le tue parole, sono venuto qui per svolgere una missione e porterò a termine il compito che mi è stato affidato!”.
Con passo man mano più sicuro si avvicinò ulteriormente all’enorme sagoma del drago, che giaceva accovacciato ed immobile su un grosso cumulo di monete d’oro e tesori di ogni forma e provenienza e, dopo aver appoggiato a terra la balestra, sfoderò la spada e continuò: “tu pretendi oro e sacrifici in cambio della promessa di non nuocere alla gente della città di Solem, e parli di false leggende?”.
ORO E SACRIFICI… TU SEI UN VALOROSO PALADINO VENUTO DAL NORD, ASSOLDATO DAI POTENTI DI SOLEM PER ELIMINARMI… E PENSARE CHE POCHI ANNI ORSONO ERAVATE PROPRIO VOI UOMINI A CHIEDERE IL NOSTRO AIUTO!
“Cosa vai dicendo drago?” lo interruppe sir George.
E’ LA PRIMA VOLTA CHE INCONTRI UN DRAGO, VERO?
“E con questo?” rispose stizzito il cavaliere che ormai, spada alla mano, era arrivato a pochi metri dalla testa di Melbor.
COSA TI HANNO RACCONTATO? CHE CHIEDO ORO E DIVORO VERGINI? HA HA HA!
La sonora risata del rettile echeggiò nell’antro.
TI STAI CHIEDENDO PERCHE’ TI GUARDO CON PIETA’… VEDI, TU NON SAI QUELLO CHE E’ REALMENTE SUCCESSO; I REGANTI DI SOLEM, DOPO ESSERSI SERVITI DI ME PER ANNI, VOGLIONO ELIMINARMI… LE LORO TASCHE SONO VUOTE, HANNO SPERPERATO LE FORTUNE CHE I LORO AVI AVEVANO ACCUMULATO. ED ORA QUESTO ORO CHE MI FA DA GIACIGLIO, LO STESSO ORO CHE LORO MI HANNO OFFERTO PER I MIEI SERVIGI, LI INGOLOSISCE!
GLI UOMINI SONO FATTI COSI’, FAREBBERO CARTE FALSE IN NOME DEL DIO DENARO… MA TU SEI DIVERSO, LO VEDO, TU SEI UN UOMO DI SACRIFICIO, COMBATTI PER LE GIUSTE CAUSE, PER QUESTO HANNO SCELTO TE…
“Basta!” disse furioso il cavaliere, “hanno scelto me perché hai sterminato tutti i più valorosi soldati che hanno provato a fermare la tua ferocia, Re Bedivere mi ha raccontato tutto. Ma io non ti temo”.
SCIOCCO! NON CAPISCI CHE TI HANNO INGANNATO? TI STANNO USANDO PER I LORO SCOPI E POI TI ELIMINERANNO… PROPRIO COME VOGLIONO FARE CON ME.
ASCOLTAMI, IO SONO UNA CREATURA GIUSTA.
C’E’ STATO UN TEMPO IN CUI HO VISSUTO TRA GLI UOMINI, AIUTANDOLI CON SAGGI CONSIGLI E VENENDO RICOMPENSATO CON ORO E PIETRE PREZIOSE, CHE A MIA VOLTA DONAVO ALLE CREATURE DEL BOSCO AFFINCHE’ NE FACESSERO OPERE DI BENE.
POI, CON LA VENUTA DI RE BEDIVERE E DELLA SUA CORTE, LE COSE SONO CAMBIATE. IL RE, CONDUCENDO UNA VITA DISSOLUTA, HA SVUOTATO LE CASSE DELLO STATO E PER FERMARE IL MALCONTENTO DEL POPOLO HA PENSATO DI DARE LA COLPA A ME, FACENDOMI PASSARE PER UN DRAGO CRUDELE CHE INCENDIA CASE, RAPISCE POVERE VERGINI E FA RAZZIA DI BESTIAME…
“Ora basta con questo siparietto!” una voce gracchiante interruppe l’arringa difensiva di Melbor.
Re Bedivere, in compagnia della sua guardia reale armata di tutto punto, bloccava l’ingresso della caverna. Non era soli, alle lo spalle si intravvedevano anche alcuni servitori con dei grossi forzieri.
“Pensavo che il prode George avesse già portato a termine il compito che gli avevo affidato” disse il Re con tono sarcastico, “invece lo trovo che chiacchiera amabilmente con il nemico…”
Sir George era senza parole, cosa ci faceva il Re nell’antro di Melbor? E per giunta scortato dai suoi soldati migliori… ma non erano tutti morti nel tentativo di fermare la furia del drago? E quei servitori con i forzieri a cosa potevano servire se non a raccogliere l’oro del drago?! “ma allora… ha ragione il drago?!” chiese incredulo rivolgendosi al Re.
“Beh, si, è tutto vero!” rispose candidamente Re Bedivere, “ho dato ordine di incendiare qualche casa e di rapire qualche giovane ragazza… sai, il popolo incominciava a lagnarsi, ma che importa ormai? Noi siamo in 20 e armati di tutto punto, tu sei solo e sconfortato più che mai e Melbor è immobilizzato grazie al tuo veleno!” aggiunse ridacchiando ironicamente e fregandosi le mani.
Dopo una breve pausa di compiacimento il Re alzò una mano e fece un cenno ai suoi uomini, ”Guardie, uccidet…”
L’ordine venne interrotto bruscamente da un boato subito seguito da un bagliore accecante che illuminò la grotta.
Quando il sovrano riaprì gli occhi della sua guardia reale era rimasto solo un ammasso di ferraglia semisciolta.
Il sovrano non poteva credere a ciò che vedeva. Melbor, che un attimo prima giaceva assolutamente immobile, all’improvviso aveva alzato la testa e con un alito di fuoco aveva incenerito i soldati che lo accompagnavano.
Bianco in volto per la paura e quasi senza poggiare i piedi a terra Re Bedivere scappò a gambe levate dalla grotta urlando all’impazzata, preceduto dai servitori bruciacchiati che avevano abbandonato i forzieri a terra.
“Hiuppy!” una voce squillante riportò sir George alla realtà, era di un elfo che, uscito allo scoperto dal suo nascondiglio tra le rocce, saltellava euforico agitando un grosso megafono. Il cavaliere lo guardò meravigliato attraverso la celata dell’elmo.
“Melbor, ce l’abbiamo fatta!”  urlò l’elfo rivolgendosi al drago, “Quel farabutto del Re se l’è data a gambe e Sir George credo proprio che abbia imparato la lezione, non è vero prode cavaliere?!” disse saltellando gioioso da un piede all’altro intorno all’attonito sir George.
“Ma tu da dove sei uscito?” chiese cauto sir George, “ e  il drago… non era forse immobilizzato?”.
“Sono l’elfo Wally! Ho prestato la mia voce a Melbor affinchè lui potesse comunicare con te e convincerti della sua bontà d’animo. Sapevamo che quell’intrallazzatore di Bedivere avrebbe mandato a chiamare qualcuno che provenisse da lontano per usare la sua buonafede e la scarsa conoscenza dei fatti a favore dei suoi spregevoli scopi. Per fortuna siamo riusciti ad architettare un piano ben riuscito per costringere il Re a confessare i suoi malefatti! Eravamo sicuri che il Re ti avrebbe seguito per assicurarsi che tu svolgessi come si deve il tuo compito. Melbor si è finto immobile per permettermi di guadagnare tempo raccontandoti la verità su questa storia. Ho usato il megafono per camuffare la mia voce e renderla più profonda e credibile. Il resto lo hai visto con i tuoi occhi… ma dimmi, come potevi pensare che quell’insignificante dardo imbevuto di veleno potesse trapassare la spessa corazza di un drago!?”
Wally riprese un attimo fiato e continuò, “sir George, ora che hai scoperto la verità ci aiuterai a riportare la pace e la ragione sui cieli di Solem?”
“Stavo per commettere un errore imperdonabile” si scusò il cavaliere riponendo la spada nel fodero, “guidato dalla smania di difendere gli oppressi stavo facendo il gioco degli oppressori” poi, dopo essersi tolto l’elmo, si inginocchiò di fronte a Melbor che lo guardava soddisfatto, “tu potevi incenerirmi in qualsiasi momento, invece hai preferito farmi ragionare, questo significa che sei saggio ed hai visto del buono in me… sarò al vostro fianco nella battaglia per la salvezza di Solem!”.
Il drago si risollevò dal suo giaciglio dorato dispiegando le ali e manifestandosi in tutta la sua statuarietà; fece un cenno con la testa a sir George il quale, a sua volta, rivolse un’occhiata interrogativa a Wally.
“Ti sta chiedendo di montargli in groppa” gli spiegò l’elfo sorridente, “vuole partire subito all’inseguimento del Re e sistemare una volta per tutte questa faccenda”.
Il cavaliere non se lo fece ripetere due volte e con un agile balzo, nonostante il peso della corazza, in un attimo fu in groppa a Melbor. Entrambi fecero un gesto di saluto all’elfo che ricambiò con un profondo inchino.
Mentre i due uscivano dalla grotta un caldo sole primaverile faceva capolino tra le nuvole, presagio che una nuova avventura stava nascendo sotto i migliori auspici…>>

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