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mercoledì 28 maggio 2014

CARCERONNE, ovvero: “Se il detenuto non va a Carcassonne, Carcassonne va dal detenuto”


Prima dell’anno scorso, m’immaginavo che il carcere fosse un ambiente tipo questo:
 
 
L’anno scorso, mi venne offerto un lavoro come formatore per i detenuti del carcere di massima sicurezza di Novara, la “Casa Circondariale Novarani”. Questo luogo è noto per aver ospitato niente meno che Provenzano! Ho sempre sognato di trovare un legame fra Mafia e Giochi da tavolo.
Grazie alla fondazione “Arti e mestieri”, all’interno della struttura è presente una tipografia, gestita dai carcerati, che produce stampe professionali, locandine, flyer, e i biglietti del pullman della città. Il corso di formazione è adibito a far ottenere ai detenuti la qualifica professionale.
Io avrei dovuto introdurre gli allievi nel magico mondo di Illustrator.
Ammetto che da principio titubai: se mi fossi ritrovato circondato da omoni muscolosi con il tatuaggio a forma di ancora sulla spalla e con sguardo carognesco? E se mi avessero detto frasi tipo “Tu non mi vai a genio, nemmeno al mio amico vai a genio, io sono ricercato in 12 sistemi…” e cose così?
E invece devo dire che fin dal primo giorno tutti i miei pregiudizi svanirono in un batter d’occhio: incontrai persone disposte ad ascoltarti, incuriosite, con voglia di mettersi in gioco sui lavori proposti, ognuno di loro con la sua vita da raccontare, le sue sofferenze, la sua umanità. Persone che mi facevano sorgere questa domanda: “ma che ci fai tu qui?”. L’aspetto più difficile di questa esperienza è stato il contatto diretto con una brutta sofferenza: persone scoraggiate, disilluse, private della possibilità di poter “recuperare”. Costrette a soffrire nella noia e nel nulla.
Quindi, oltre al corso di grafica, cercai di portare a loro anche altri interessi e altre passioni, preparai delle lezioni sul cinema, sul design, insegnai le basi dei programmi di montaggio. Insomma, provai a dare a loro alcuni strumenti creativi, sperando che potessero in qualche modo, oltre che imparare il mestiere, acquisire strumenti e ridurre in qualche modo la “pena”.
Questo è il mio secondo anno di formazione. Come l’anno scorso, gli altri formatori hanno tentato di proporre un progetto che potesse unire i vari percorsi di studio, come il giornale del carcere, che è un’idea nobile, ma che non ha mai riscosso tanto successo.
Allora ho pensato:
“Un progetto crossmediale… nel quale possono mettere in pratica Illustrator per le grafiche… Indesign per impostare il regolamento… photoshop per la copertina… magari un videotutorial con Premiere!”. Eureka.
In questo mese, abbiamo quindi provato a sviluppare un progetto per la produzione di un gioco da tavolo in tutti i suoi step: per prima cosa è stato necessario introdurre il mondo del gioco da tavolo moderno e per l’occasione ho invitato il buon Mario Sacchi, in veste di Editore, membro attivo di svariate Ludoteche ed organizzatore di eventi ludici. Una lezione intensa e divertente, ben raccontata nel suo blog.
L’idea iniziale era di realizzare un gioco da zero, ma mancavano le basi.
Ho riflettuto su quali giochi potevano essere riproducibili facilmente all’interno della tipografia, sia in base ai materiali sia tenendo conto delle capacità acquisite dagli allievi, ed è venuto immediato pensare a Carcassonne. Dopo aver fatto provare il gioco abbiamo ragionato che si poteva personalizzare, se non nel Game Design, almeno nella veste grafica… basta con stupide città medioevali, monasteri e ambienti bucolici, volevamo la cruda realtà!
Ed ecco che le città sono state sostituite da:
 

 
 
 
 
 
 
 
  
 
 
I monasteri non potevano che essere un importante luogo per i detenuti, la sala colloquio:

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Diciamo che un buon carcere dovrebbe avere tantissime aree dedicate all’aria!:

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
E il titolo, beh, Carceronne… c’è da aggiungere altro?
Dopo aver fatto le grafiche abbiamo montato il tutto su cartoncini, ritagliato e poi, ovviamente, collaudato. Per l’occasione devo ringraziare Marco Valtriani, che mi ha dedicato un popo’ di tempo al telefono a sostenermi nel progetto e a darmi consigli sulla fase 2, la realizzazione di un vero e proprio gioco inventato dai detenuti (Marco, non me ne volere, ma forse il tutto è rimandato all’anno prossimo, sniff!).
Ora stiamo sviluppando il resto delle grafiche e stiamo montando una simpatica animazione di spiegazione. Con gli altri insegnanti, gli allievi imposteranno il resto dei materiali, dal regolamento alla scatola, alla stampa professionale.
Alla fine della giornata con Mario Sacchi, in cui erano presenti anche gli altri insegnanti, un po’ per scherzo e un po’ seriamente, è saltata fuori l’ipotesi di organizzare delle serate ludiche nello spazio dedicato al volontariato con i carcerati. Io sinceramente ci ho fatto un serio pensierino, chissà che ne parlerò in un prossimo articolo. Per ora mi accontento di immaginarmi con soddisfazione tornei di Carceronne nelle celle della Casa Circondariale Novarani.
“Chi minchia ha messo questo puzzillo sul mio campo, aaah?”
 
 
Benedetto

 

venerdì 23 maggio 2014

ANDREA ANGIOLINO A IDEE LUDICHE



Ospite odierno di Idee Ludiche è Andrea Angiolino (romano, classe 1966), giornalista, scrittore ed apprezzato Autore di giochi da tavolo e di ruolo. Conosciamolo meglio attraverso questa intervista nella quale ripercorreremo la sua fortunata carriera e approfondiremo i suoi gusti ludici.

 


Ciao Andrea e benvenuto a Idee Ludiche! Come prima cosa ti chiederei come e quando ti sei innamorato del mondo dei giochi da tavola?


Più o meno quaranta anni fa. Difficile ricordare come è iniziato, ma quando ero un ragazzino di scuola elementare era per me normale giocare con mia sorella, i cugini, i compagni di classe a giochi da tavolo. A Natale e ai compleanni erano fra i regali più apprezzati. Chi si abbonava a Topolino poteva scegliere fra un gioco in scatola e un librone di fumetti: io di solito sceglievo il gioco. Ma anche durante l'anno Topolino e le altre riviste per ragazzi allegavano giochi dai materiali più semplici oppure, come il Corriere dei Piccoli e poi il Corriere dei Ragazzi, ne pubblicavano sui paginoni centrali. La passione è nata da lì.

Quali sono i tuoi gusti in fatto di giochi? A cosa giochi più spesso?

Sono gusti onnivori. Mi piacciono i giochi astratti e quelli di parole. Ma ancor di più i giochi ambientati, soprattutto quelli con un'ambientazione ricca e dettagliata: fino ad arrivare alle simulazioni, soprattutto quelle storiche, in cui regole ricche e strutturate riproducono le dinamiche di una situazione reale e ti mettono nei panni dei protagonisti di grandi eventi del passato.
Cosa gioco però dipende soprattutto dalle occasioni e dalle compagnie. In questo periodo, con una figlia di cinque anni che si sta interessando a questo mondo, prevalgono i giochi per bambini. Ma ogni tanto qualche serata con gli amici riesco a dedicarla alle ultime novità in uscita: se non altro per il dovere professionale di tenermi aggiornato!

Dei tanti giochi che hai ideato, a quale sei più affezionato?

Tutte le creature sono pezzi di cuore... E molte mi hanno dato belle soddisfazioni per i motivi più diversi: qualche gioco ha un primato di originalità, qualche altro è stato tradotto in lingue improbabili come il maltese, qualche altro ancora è stata occasione di far pubblicare un gioco di ruolo a un comune "sdoganando" l'hobby in momenti in cui era attaccato da tristi campagne di stampa...
Però fra tutti Wings of Glory, un tempo Wings of War, è quello che ho visto piacere di più a gente di tutte le età, di tutti i paesi e di tutti i sessi. Per la quale ho ricevuto i commenti più graditi di persone che hanno trovato nel gioco una nuova occasione di socialità, di distrazione da una malattia o da altre situazioni tristi, di incontro familiare con nonni e nipoti allo stesso tavolo. Per il quale ho visto una quantità di regole opzionali, scenari aggiuntivi, modellini speciali, ambientazioni alternative e altre grandi invenzioni da parte di tanti appassionati. Che lo hanno riprodotto in versione gigante ma anche minuscola, da giocare tra moglie e marito sul letto d'ospedale in attesa del parto. Che si sono inventati la partita più grande del mondo, in cento allo stesso tavolo, e la versione dal vivo con aerei da indossare e palline da ping pong per le mitragliatrici. Ci sono affezionato perché non è più solo mio: così tante persone lo hanno fatto proprio e arricchito e fatto vivere ben al di là di quello che potevamo fare, con le nostre sole forze, io e gli altri che ci hanno lavorato.


Wings

Sei una personalità assolutamente eclettica che spazia dal campo del giornalismo a quello del game design; quale di questi aspetti del tuo lavoro ti da maggiori gratificazioni?

A me piace veder giocare con le mie cose, vedere che gli altri ci si appassionano. Non necessariamente con le cose inventate da me: magari con quelle che ho raccolto o trasmesso. Mi dà soddisfazione incontrare, ad esempio, insegnanti che hanno usato in classe il mio manuale che spiega come realizzare a scuola libri-gioco a bivi. Oppure qualcuno che cercava le regole di un gioco e le ha trovate, o ritrovate, nel Dizionario dei giochi Zanichelli, che ho realizzato con Beniamino Sidoti lavorandoci una decina d'anni. Però, in effetti, le maggiori soddisfazioni vengono dall'attività di autore. Dal vedere che i miei giochi prendono vita autonoma.

Durante la tua carriera hai ottenuto importanti riconoscimenti (che vanno ad esempio dalla nomina da parte del Ministero della Pubblica Istruzione di “Esperto inventore di giochi” ai premi come Personalità Ludica dell’anno e il Best of Show alla carriera di Lucca C&G) , di quale sei più orgoglioso?

Mi piace rivendicare soprattutto il riconoscimento del Ministero per la Pubblica Istruzione. Per due motivi. Innanzi tutto perché mi è stato dato come autore di giochi per giocatori, che la gente sceglie di giocare per il piacere di farlo, e che poi hanno anche effetti collaterali educativi. Di rado ho fatto giochi didattici, infatti: questo riconoscimento alla mia attività è quindi anche un riconoscimento al valore positivo del gioco in generale, del giocare fine a se stesso. In secondo luogo perché mi è stato dato anche come autore di giochi di ruolo, in un momento in cui essi erano oggetto di attacchi immotivati ma insistenti da parte dei mezzi d'informazione. Anche quello è servito a ricostruirne un'immagine positiva.

In questi tempi di crisi come vedi il futuro del gioco da tavolo in Italia? Quali sono gli accorgimenti da attuare per mantenere vivo il settore?


​Sono tempi di crisi ma anche di globalizzazione. Per me che sono cresciuto nel settore durante gli anni '80 e '90, in cui emergere in Italia era davvero arduo e i confini della patria erano quasi invalicabili, il mercato dà oggi molte più opportunità. Dalla fine degli anni '90 ho visto vari editori come Venice Connection, Nexus Editrice, daVinci Games e poi molti altri sulle loro orme, passare dalla nostra nicchia locale al mercato mondiale grazie a ottime idee, capacità di trovare sinergie all'estero e un nuovo modello di cooperazione con aziende straniere. Questo ha consentito di realizzare tirature interessanti, con le quali ammortizzare le spese di belle illustrazioni, stampi per miniature e altro ancora: di fare bei giochi, insomma, per il mercato mondiale e quindi anche per l'Italia che da sola non avrebbe permesso di fare i numeri necessari. E questo è diventato possibile non perché si sia andati su un singolo mercato estero con una grossa tiratura in altra lingua, ma perché si sono messe assieme tante nicchie locali e qualche migliaio di copie in ciascuna delle principali lingue più 1500 in portoghese, 1000 in greco, 1000 in polacco, 500 in ceco e così via alla fine diventano una tiratura più che interessante.
​Gli editori italiani devono continuare a tener conto di questo e guardare al mondo. Anche gli autori. Però con la coscienza che dove altri sono riusciti, occorre professionalità e ​
​competenza per fare altrettanto. Occorre selezionare bene le idee e portarle avanti ​con cura: non basta la passione e non c'è da illudersi che tutto sia facile solo perché altri hanno avuto ottimi riscontri. Specie adesso che l'accesso al mercato è più facile: ma non è più semplice avere successo, perché le uscite sono ormai tante ed è complicato farsi notare. Il rischio è di bruciarsi. E non è nemmeno una questione solo economica, visti i vari progetti che pur avendo ottenuto su piattaforme di crowfunding ben più di quanto chiedevano sono poi falliti per l'incapacità di gestire il successo. Niente facili illusioni: da parte di ognuno servono serietà, preparazione e l'umiltà di lasciar fare agli altri i mestieri che non si sanno fare, siano essi l'autore, l'illustratore, il traduttore, il curatore, l'editore, inserendosi nel processo là dove si ha mestiere. E allora sì che un team ben costituito può ottenere il giusto successo in un settore che, nonostante la crisi, sembra tenere e anzi per certi aspetti espandersi. Forse anche perché ottimo surrogato di altri divertimenti più effimeri e costosi.

Hai qualche nuovo progetto in cantiere di cui vuoi parlarci?

Devo dire che no, al momento progetti nuovi non ne ho perché quelli in corso si prendono tutte le mie energie e il mio tempo. Wings of Glory e Sails of Glory innanzi tutto, che richiedono un impegno praticamente quotidiano per lo sviluppo delle varie linee. E poi un collezionabile da edicola per Hachette sulle carte da gioco con storia, regole, varianti e aneddoti di giochi noti e sconosciuti. Una bella occasione per ripassare e approfondire le mie conoscenze in questo settore: perché prima di fare nuovi giochi un autore dovrebbe studiare bene quelli esistenti... E quelli estinti o quasi.
 

Sails of Glory
Una cosa che mi fa molto piacere, piuttosto, è il recupero delle cose esistenti. Di miei giochi usciti in passato e ormai fuori produzione ma che forse meritano di essere rimessi in circolazione. Ad aprile la Origami ha pubblicato una nuova edizione di In cerca di fortuna, primo libro-gioco di autore italiano che avevo realizzato nel 1987 e che da allora nessuno aveva ristampato. Sir Chester Cobblepot sta realizzando una versione iPad di un altro libro mio, di Francesca Garello e di Domenico Di Giorgio, I misteri delle catacombe, in passato uscito solo in edizione cartacea. Luigi Castellani, con il marchio 2 Cents Boardgames, sta ripubblicando come print'n'play alcuni giochi da tavolo apparsi in passato su riviste e fanzine: ini​ziando con Cartun!, un gioco ambientato fra cani gatti e topi in un cartone animato, e Bike Wars, un ironico gioco di battaglie fantasy... in bicicletta. Si trovano qua: http://rpg.drivethrustuff.com/browse.php?manufacturers_id=5943.
Ho parecchie altre cosette nel mio museo personale che secondo me potrebbero essere ancora attuali: se qualche editore è interessato a ecologici recuperi... Si faccia vivo!


I libri scritti da Andrea

Grazie mille della disponibilità Andrea, è stato un vero piacere ospitarti nelle pagine del nostro blog! Prima di salutarci ti posso chiedere di regalare un saluto ai lettori di Idee Ludiche?! :)

Grazie mille e buon gioco a tutti, a qualsiasi cosa vi piaccia giocare!

martedì 20 maggio 2014

UN TRANQUILLO WEEK END DI PAUR… GIOCO!


di Lollosven
 

Torneo multigame “F. Besozzi”, 18 maggio 2014.
 

Siamo preparati e carichi come non mai, questa volta vogliamo portare alto il nome della Ludoteca Galliatese (ma si quella dei galletti e che annovera tra le sue fila gente del calibro di TeoOh web-star e idolo di decine di giocatori grazie alle sue recensioni minute nonché Max di Idee Ludiche di cui devo parlar bene se voglio che mi pubblichi sul suo blog, ergo ne parlerò male a prescindere).
Dopo innumerevoli selezioni e trials per scremare e presentare la “creme de la creme” (come no?!?) abbiamo approntato ben due team composti dalle migliori menti strategiche del Novarese.

Ok a parte Commi che si presenta solamente per scattare foto artistiche.

E Ivan che ha l’espressione che dice “mi avevate detto che c’era un rave!”.

E Benny che a poco meno di mezzora dall’inizio del torneo era ancora beatamente addormentato nel suo lettino canticchiando “Uodinnonloismeonleifò” (non è uno scherzo è davvero una canzone del suo gruppo PoP James!).

Ecco a parte loro e a dirla tutta anche gli altri 5-6 giocatori dei nostri team che assomigliavano più al gruppo gita INPS (Istituto Neutralizzazione Parassiti Società), c’erano fior fiore di giocatori in rappresentanza delle associazioni di Borgomanero, Verbania, Aosta, Varese e i mitici Guerrieri Valsesiani.
Dico mitici perché era chiaro fin dall’inizio della giornata che l’ambito premio (nostro vero obiettivo) per i più alcolizzati non era alla nostra portata data le performance dei Guerrieri e di Bicio in particolare.

Settimane di preparativi e decisioni sofferte su chi dovesse presenziare ai vari giochi, più che altro di scarica barile a chi dovesse fare titoli mai visti o sentiti prima (Hermagor che?!?) venivano spazzati via subito dalle notizie di diserzioni dell’ultimo minuto, con scuse patetiche del tipo ho 40 di febbre, devo presenziare a un incontro sulla desertificazione, le cavallette!
Pronti via e si inizia dopo l’introduzione del sempre pacato e serafico Mario, una delle poche persone che mai si inalbera o si innervosisce, nemmeno se gli poni di fronte un autore che vuole proporgli un astratto (…).
La mattinata scorre via velocemente tra partite di Ticket to Ride Europa, Race for the Galaxy, Saint Petersburg ed altri titoloni spremimeningi  come Alta Tensione e … Catan.
Dopo il primo round appare chiaro come il team di Varese sia arrivato preparato a difendere il titolo dagli agguerriti team di Aosta e dei Guerrieri, mentre tra i giocatori conferma la sua fama Simone sempre dei Guerrieri.
Il nostro Ricky se la gioca nei primi posti addolcendo l’amaro boccone di alcune performance inaspettatamente sottotono, ma voci di corridoio indicano nell’orario mattutino domenicale e nei biortimi bassi la causa principale.


Ci si ferma per un pitstop veloce condito da immancabile polenta e tapulon e ci si ributta ai tavoli, dove alcuni pezzi da novanta (Puerto Rico, Agricola, El Grande) ci aspettano insieme ad alcune new entry particolarmente interessanti (girerà La Boca a un torneo?).

Il secondo turno vede confermate le prime posizioni; Paolo dei Custodi rimprovera al suo team risultati superiori alle aspettative che mettono in pericolo la sua scommessa di rivendicare l’ultimo posto.
L’ultimo turno si protrae e si attendono i risultati di Dominion, l’ultimo titolo, socializzando con gli altri giocatori e affogando / celebrando i risultati tra uno spritz e una weissbier.
Personalmente dopo Agricola ho raschiato il fondo del pozzo (letteralmente acquistando all’ultimo turno il pozzo per i 4 punti vittoria finali) e i miei neuroni hanno dichiarato forfait; la seguente partita a Kingsburg è stata dominata dalla mia incapacità a conteggiare i punti bonus militari alla fine della stagione e dalla suprema sfiga ai dadi di Valentina dei Guerrieri.

Alla fine della lunga giornata i 7 wondnerds di Varese hanno riconfermato il titolo ma la vera vittoria è andata a tutti i partecipanti che hanno animato una grande giornata di gioco e agli organizzatori Slowgamers che sono riusciti a migliorare la già buona organizzazione del primo torneo.

Grazie ancora a Luca e Mario e complimenti a tutti!
 

Questo il gustoso report di Lollosven riguardo la giornata di domenica 18 maggio.
Ma l’evento Slowgame era composto in realtà da una due-giorni ludica, nella quale la giornata di sabato 17 maggio era stata dedicata (come successo per altro anche nella prima edizione dell’anno scorso -> link e link) al Playtest.
Per capire meglio come sia andato il week end nel suo complesso ma con un sguardo particolare al sabato, ci viene in aiuto Mario che ci conferma la buona riuscita della manifestazione: <<stesso feeling e stessa atmosfera positiva di sempre! Il sabato di playtest è stata una giornata molto proficua, ho provato nuovamente dei giochi che conoscevo già e mi sembrano che stiano tutti migliorando tantissimo.
Ormai sono anni che ci incontriamo nella sede della Slowgame e secondo me è un'ottima location. La dimensione "intima" è una scelta: non l'abbiamo mai pubblicizzata troppo perché voglio poter vedere bene i giochi senza fretta!>>

E concludiamo con una simpatica curiosità… alla domanda “quale sia il ricordo più bello di questo week end di gioco?” Mario ci risponde gongolando << La carta di Kingsburg che Andrea Chiarvesio mi ha firmato e che ho pubblicato anche sulla mia bacheca di facebook!!! >>



… Tanta invidia per quella carta! ;)
 
 

 
 
 
 
 
 
 
Foto prese in prestito dagli album FB di In Ludo Veritas  Varese e Slowgame Borgomanero

sabato 17 maggio 2014

GodZ, un gioco per paganZ


L’intervista che andremo a leggere tra poco è un po’ particolare… in primo luogo perché non è condotta come di consueto dal sottoscritto, ma bensì da Benedetto Degli Innocenti (si, proprio quello di “Mio caro Max…”, che di solito ci racconta le sue peculiari impressioni sui titoli finalisti dello Spiel des Jahres) ed in secondo luogo perché in realtà è un’intervista doppia!
Abbiamo infatti il piacere di ospitare ad Idee Ludiche due buoni amici che, nonostante si conoscano da parecchio tempo e siano molto ben affiatati (insieme hanno dato vita al blog “Non si sevizia un paperino” ed ora gestiscono con ottimi risultati Playtoday e BGDItalia), solo ora riescono nell’intento di realizzare un gioco insieme!
Il gioco in questione si chiamerà GodZ (uscirà a breve, edito da Red Glove) e i due Autori che andremo a conoscere meglio sono Marco Valtriani e Diego Cerreti (in arte il Puzzillo!).
E adesso la parola a Benedetto ed ai suoi ospiti!

 


Marco Valtriani
Cari Marco e Diego, per prima cosa grazie per la disponibilità!
Potreste gentilmente presentarvi a vicenda in poche righe?


Diego: Marco è un autore eclettico e personaggio dalle molteplici
capacità, oltre che una personalità decisamente unica, per farvi
un’idea potreste considerarlo un giovane Dr. House del gioco.

Uno a cui non vorreste affidare nemmeno un peluche, ma sul quale potete
contare più che sulle vostre stesse mani. Piuttosto fastidioso, non trovate?

Marco: ho una grande stima di Diego, sia come autore che come persona.
E' una delle pochissime persone di cui mi fido, e con cui riesco ad
avere un costante e proficuo scambio di idee, che ci ha portati a

condividere un sacco di progetti, non solo in campo ludico.
Se solo la smettesse con quella storia di Dr. House...

Parto in quarta a parlare di Godz, il vostro nuovo gioco in uscita.
Marco ha già vari titoli alle spalle, mentre Diego è al suo primo
titolo in via di pubblicazione: emozionato? Diego, come stai vivendo
questa “prima uscita”? E Marco, come stai reggendo il suo stress? Si
sta comportando bene a livello promozionale?


Diego: L’emozione è stata essere coinvolto nel progetto,
poter applicare metodo, studi e discussioni lavorando con dei
professionisti. Ma ora, all’uscita del gioco, c’è spazio solo per la
soddisfazione di quanto fatto e la gratitudine per quanti l’abbiano
consentito. E mentre già si lavora ad altro, si cercherà, dalle

risposte del pubblico, di capire come migliorare per i progetti futuri.


Marco: anche perché non è che l'uscita di un gioco sia poi così
Diego Cerreti
stressante, e Diego non è certo uno che si fa prendere dal panico.
Le linee guida che riguardano la promozione del gioco nascono sempre da
un confronto con Red Glove, che ovviamente pensa alla pubblicità, ma
anche alle inclinazioni dei propri autori. La promozione di GodZ ha
puntato molto su eventi e presentazioni, a contatto coi giocatori.
Sono occasioni piacevoli e divertenti, che hanno lasciato molto
soddisfatti entrambi.

Partiamo dal principio. La RedGlove, la casa editrice che ha prodotto
Godz, ha rivoluzionato a tempo zero la sua linea editoriale e il suo
approccio: sta costruendo un’immagine coordinata molto precisa e
riconoscibile in tutti i suoi prodotti, sta selezionando con cura le
tipologie di gioco, e grazie all’inserimento di Marco come lead
designer, sta curando attentamente la produzione in modo da mantenere
i costi bassi. Com’è nato il progetto di Godz? Chi ha proposto l’idea
e com’è nata la collaborazione fra Diego e Marco per questo preciso
gioco?

Marco: Come hai detto tu stesso poco fa, Red Glove ha recentemente
rivisto proprie politiche editoriali, pur mantenendo ben salda

l'identità che ha costruito negli anni. Ci sono elementi del processo
che sono facilmente "visibili" come la creazione di nuove linee,
o il rafforzare la propria immagine usando le splendide illustrazioni di
Guido Favaro su tutti i prodotti, ma è cambiato anche l'approccio nei
confronti dei progetti, che normalmente vengono studiati internamente.
Questo è uno di quei casi: l'idea è partita dall'azienda, che mi ha
chiesto un gioco a tema "divino" ponedomi alcuni vincoli progettuali
rispetto al genere e alla fascia di prezzo. Con Diego stavo già
lavorando ad altri progetti da diverso tempo, e mi è sembrato il
candidato ideale per lavorare a GodZ. Con Diego mi trovo molto bene,
usiamo lo stesso metodo di lavoro e anche quando abbiamo idee diverse
riusciamo sempre ad essere costruttivi.

Prima SuperFantasy, ora Godz. Il primo s’ispira dichiaratamente agli
Hack’n’Slash alla Diablo, di questo si legge già che prende spunto da
giochi come Black & White e Popolous: siete d’accordo? C’è una scelta
editoriale ben precisa? Nel caso, quali sono i problemi nella
trasposizione di un tipo di esperienza ludica a un altro così diverso
come il gioco da tavolo? Seguirete ancora questo percorso di sviluppo?
Sappiate che mi aspetto la trasposizione su tavolo dei Punta e Clicca,
eh. Voglio “
Monkey Island, the boardgame”.

Diego: Come hai detto tu stesso, l’editore sta manovrando scelte ben
precise, che senza dubbio si basano anche sulle capacità delle
professionalità a disposizione, non molti avrebbero azzardato un
Hack’n’Slash all’ombra del dungeon crawling, anzi direi proprio che
nessun altro l’ha fatto.
Ovviamente ci sono delle difficoltà, ma è anche vero che gran parte
dei principi del game design uniscono il gioco da tavolo al
videogioco, così, focalizzando l’esperienza, si è provato non tanto a
riprodurre il gioco in sé quanto l’esperienza stessa.

Marco: In sostanza si cerca di veicolare un'esperienza che ricordi
quella originaria, senza però dimenticare che si è cambiato "media".
Comunque stiamo parlando di giochi da tavolo, giochi in cui c'è
un'interazione "dal vivo", intorno al tavolo, e che devono tenere di
conto di una serie di regole convenzionali, di aspettative dei
giocatori e del mercato che non c'entrano nulla coi videogiochi. Per
questo, per quanto riguarda GodZ, preferiamo chiamare i rimandi ai
videogiochi citati "strizzate d'occhio", più che vere e proprie ispirazioni.
Comunque, il gioco da tavolo di Monkey Island esiste già, è un
adventure game realizzato in versione print and play da dei fan del
gioco!

In questo periodo sto sperimentando anch’io la progettazione di giochi
in team, con risultati soddisfacenti. Il vostro lavoro in coppia come
funziona? Avete in qualche modo dei ruoli “non scritti” nella
progettazione? Insomma, chi fa cosa? C’è qualcuno che “conduce”?


Diego: i ruoli sono scritti e come, Marco è il lead designer della

casa! Ciò nonostante, avendo il medesimo approccio “teorico”,
il nostro è un continuo brain storming canalizzato nella direzione
dell’esperienza desiderata, chiuso tra gli argini delle indicazioni
dell’editore. Poi è normale che ognuno lasci la propria impronta,
ad esempio Marco tende a strutturare e a dare il maggior significato
possibile ad ogni elemento di gioco, mentre io ho il vizio di tirare
verso l’accessibilità per i giocatori, ma questo ci mette tutt’altro
che in contrasto. L’importante è focalizzare entrambi il medesimo

obiettivo.


Marco: lavoriamo attraverso un dialogo costante, e a livello creativo
non c'è mai una "conduzione": mettiamo in campo tutte le idee e le
opzioni e decidiamo insieme quali sembrano lavorare al meglio al
servizio del gioco che stiamo facendo. Andiamo molto per gradi,
a seconda del progetto cerchiamo di capire quale "pezzo" del gioco
(se il mondo, i personaggi, il tipo di azioni) sia più importante per
l'esperienza desiderata, e partiamo da lì. Con GodZ, per fare un
esempio, siamo partiti dal mondo di gioco, che infatti è
- nel prodotto finito - parte integrante del "motore" che permette ai
giocatori di effettuare le azioni e del sistema di punteggio.

 
Avete qualche curiosità riguardo la realizzazione di GodZ? Qualcosa
che posso raccontare agli amici quando prenderò in mano la scatola del
gioco, per fare un po' il saccente della situazione?


Diego: la progettazione di GodZ, se escludiamo la detonazione con la
quale abbiamo spedito al Grande Creatore dei Giochi le primissime
idee, che non soddisfacevano la nostra idea di "god game", non ha
offerto grandi aneddoti, o almeno nessuno che possa interessare
qualcuno meno che fissato col game design. Un momento divertente però
è stato dare i nomi alle divinità e agli avatar.
Nelle prime fasi della lavorazione avevamo usato dei nomi assurdi, nomi che solo un
romano e un toscano potevano pensare, e che non è il caso di ripetere
su un blog perbene.


Marco: Ai giocatori più attenti non sfuggiranno piccole citazioni,
è una cosa che mi piace molto inserire nei giochi che faccio. In Super
Fantasy, per esempio, c'è un bastone che si chiama Scuotivento,
in omaggio al protagonista di alcuni romanzi del Mondo Disco. In Vudù ci
sono magie come "Lupo Ululì" o "Avada Cradabra". GodZ non fa eccezione,
la tartaruga A'tuà e Martin sono anch'essi omaggi a Pratchett
e lo scoiattolo si chiama Rocky, come quello della serie
"Rocky and Bullwinkle". Il mio "omaggio" preferito però rimane il nome
di uno degli Dei, Bau, ispirato dalla canzone "Bau Bau Baby" e
dedicato a Freak Antoni.


Questa domanda ve la devo porre, eh sì. Che titolo avrebbe un articolo
del Puzzillo dedicato al vostro gioco?


Diego: questa è semplice: "Godz – se ci fosse stato un dio, questo non
l’avrebbe permesso".


mercoledì 14 maggio 2014

INTERVISTE INTERNAZIONALI - 7 DOMANDE PER: MATTHIAS CRAMER


Nell’intervista internazionale di oggi conosceremo meglio Matthias Cramer, Autore tedesco di titoli del calibro di Glen More (2010), Lancaster (2011) e Rococo (2013, con Stefan e Louis Malz).
Scopriremo i suoi gusti in materia di giochi da tavolo, cosa pensa del Game Design ed i suoi progetti futuri!
 

(Traduzione di Lollosven)
 



. Where were you born and what did you do before becoming a game designer?
Dove sei nato e cosa facevi prima di diventare un game designer?

I was born in the western part of Germany near Cologne. Before designing games, I played a lot of them. In my worklife, I am managing IT projects in a chemical retail company. Since game design is just a hobby for me, there is no difference between the time I started to make games and today.


Sono nato nella parte occcidentale della Germania, vicino a Colonia. Prima di fare il game designer ho gocato a molti titoli. Gestisco la parte IT di un’azienda di prodotti chimici. Dato che il game design è solamente un hobby per me non è cambiato nulla da quando ho iniziato a fare giochi a oggi.

. What do you like most about your job as a game designer?
Cosa ti piace di più del tuo lavoro di game designer?

The board game industry is a very tiny industry. Many people know each other and there is a great community. Designers and editors help each other even when belonging to different companies.


L’industria dei board games è un settore molto piccolo. Molte delle persone che ne fanno parte si conoscono e c’è una grande community attorno. Gli ideatori ed editori si aiutano spesso pur appartenendo a aziende diverse.

. You have created many games, what is the one you're most fond of?
Tu hai ideato molti giochi, qual'è quello a cui sei più affezionato?

This is a very difficult question. When rating my own games, I am thinking more in mechanisms than in complete games. I like
Der Millionen Coup very much, because the game tells a story.

Questa è una domanda molto difficile. Quando valuto i miei giochi penso più ai meccanismi che al giochi completi. Mi piace molto Der Milionen Coup perchè quel gioco narra una storia.

. Give us your definition of game design.
Dacci una tua definizione di game design.

The magic formular of game design is very easy: testing, testing and testing. If you don't have problems to find people testing your games, you are on the right path.


La formula magica del game design è molto semplice : playtesting, playtesting e ancora playtesting. Se non hai difficoltà a trovare persone disposte a “playtestare” i tuoi giochi sei già nella direzione giusta.

. Reveal to us your strength and your own weakness.
Svelaci un tuo punto di forza ed una tua debolezza.

Sometimes, my prototypes are too bainy. When playing games, I prefer games that are telling a story. As a disigner, I am trying to shift in that direction - sometimes successful, sometimes not.


A volte I miei prototipi sono troppo “cervellotici”. Quando gioco preferisco quei titoli che riescono a raccontare una storia. Come game designer cerco di andare in questa direzione, a volte ci riesco e a volte no.

. A curiosity: what games do you like to play?
Una curiosità: a quali giochi ti piace giocare?

If I have enough time:
18xx. I started with that kind of games more than 20 years ago and I am still keen on that.

Se ho tempo a sufficienza : 18xx. Ho iniziato con quel tipo di giochi 20 anni fa e ne sono tuttora entusiasta.

. Future plans and dreams?
Progetti futuri e sogni nel cassetto?

At the moment, I am working on some hybrid concepts, which include the usage of digital devices together with board games. I think that this could also bring a bigger audience to classical board games.


Al momento sto lavorando ad alcuni concetti ibridi, che includono l’uso di strumenti digitali insieme al tradizionale board game. Penso che questo possa anche portare ad allargare il bacino di utenza dei tradizionali board game.


All the best,
Matthias
 

Thank you very much Matthias for your collaboration!