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domenica 30 giugno 2013

VENERDI' 28 GIUGNO, SECONDA EDIZIONE DELLA FESTA DI INIZIO ESTATE ALLA FNS



Seconda edizione della Festa di Inizio Estate presso la Fondazione Novara Sviluppo!
Bissato il grande divertimento della scorsa edizione grazie alla perfetta organizzazione di Fabrizio che per l’intrattenimento si è avvalso ancora una volta della musica di DJ Simon S e dei giochi da tavolo di Idee Ludiche (quest’anno impreziositi dalla collaborazione con la LudotecaGalliatese, che ha permesso una scelta ancora maggiore di titoli rispetto all’anno precedente!).

Jungle Speed

Per quanto riguarda la parte ludica Riff Raff l’ha fatta assolutamente da padrone! Il mirabolante gioco di equilibrio di Christoph Cantzler ha catalizzato l’attenzione dei curiosi grazie all’accattivante meccanismo di gioco!
Anche il solito Dobble ha fatto la sua parte, ma non hanno sfigurato nemmeno giochi come Jamaica, Jungle Speed, Citadels e Incan Gold.

Riff Raff

Un doveroso grazie va a Teo e Tambu che con me hanno animato la serata ludica, a tutti coloro che hanno partecipato con entusiasmo alle nostre proposte di gioco e, soprattutto, a Fabrizio che anche quest’anno ha creduto nella bontà del nostro progetto di promozione del gioco da tavola, permettendoci di organizzare ben 3 tavoli! 
 
sullo sfondo, Jamaica

Non mi resta che darvi appuntamento all’anno prossimo e come sempre…

STAY TUNED!

martedì 25 giugno 2013

IDEE LUDICHE INTERVISTA SPARTACO ALBERTARELLI



Cosa si intende per Game Design? Quale sarà il futuro dei giochi in scatola? Come si conciliano i nuovi supporti elettronici con i classici board game? Di questi ed altri interessanti argomenti  parleremo oggi  con Spartaco Albertarelli, uno tra gli Autori italiano più apprezzati  e prolifici, che vanta centinaia di giochi pubblicati  ed una brillante carriera che lo vede da oltre trent’anni  cavalcare l’onda del successo!

Spartaco, raccontaci  come è nata in te la passione per il gioco da tavola.

La passione è nata come nasce a tutti. Ho iniziato a frequentare circoli di giocatori che giocavano cose poco “commerciali”, ho scoperto i giochi di simulazione, poi i giochi di ruolo e da lì sono andato avanti. Ho sempre avuto un interesse per il gioco, non solo per mio divertimento, ma anche per la sua storia, l'evoluzione che ha avuto nel corso dei millenni, le implicazioni magico/religiose che aveva nell'antichità, la forza simbolica riscontrabile anche nei giochi più semplici, gli aspetti matematici. Insomma ho sempre visto il gioco come qualcosa di particolare.

Cos’è per te il GAME DESIGN?

E' una professione, qualcosa di diverso dal “semplice” processo creativo che porta alla creazione di un gioco, infatti, parlando di me stesso, non uso quasi mai il termine “autore”. Per me progettare un gioco è un esercizio più completo che non quello della sola creazione delle regole. Game design significa mettere in pratica competenze tecniche, conoscenze psicologiche, capacità di sintesi, gusto artistico e tutta una serie di altre conoscenze che maturano nel tempo. Significa studiare prima di tutto i giocatori e non semplicemente dare sfogo alla propria creatività.

Qual è il gioco che hai creato a cui sei più affezionato?

Domandona. Ce ne sono tanti che hanno avuto un significato particolare. SPQRisiKo, per esempio, è l'ultimo gioco che ho potuto progettare insieme al responsabile EG della produzione, Riccardo Mazzoletti, che non è stato solo un collega e un amico, ma anche la persona che mi ha completato da un punto di vista professionale, insegnandomi tutti i trucchi del mestiere per quanto riguarda una serie di aspetti tecnici che pochi autori di giochi conoscono. La sua morte ha lasciato un vuoto veramente incolmabile e quel gioco me lo ricorda ogni volta. Poi, naturalmente, c'è Kaleidos che è il gioco che mi ha dato, probabilmente, la maggiore celebrità a livello internazionale, entrando nella lista dei tre finalisti per lo Spiel des Jahres (era il 1995, l'anno dei Coloni di Catan...). A distanza di tanti anni quel titolo è diventato il nome della mia società (KaleidosGames) e il gioco continua a vendere bene oltre a consentirmi di lavorare con artisti di grande spessore. Ma la lista potrebbe andare avanti a lungo, anche perchè fare il game designer è il lavoro più bello del mondo e ogni titolo mi ricorda soprattutto questo.

Esiste un gioco che, per un motivo o per l’altro, avresti voluto ideare tu?

Uno dei vantaggi del fare il lavoro più bello del mondo, essendo consapevole della fortuna che ti è capitata, consiste nel fatto che difficilmente puoi provare invidia per qualcosa o per qualcuno, però se proprio dovessi dire un titolo, penso che direi Diplomacy.

Tu rappresenti un esempio per moltissimi aspiranti autori, hai qualche consiglio da dare loro per imboccare la giusta via del game design?

Non ci sono formule magiche, ma bisogna avere una grande curiosità e soprattutto un grande rispetto per i giochi e per i giocatori, senza distinzioni e senza preferenze. Quello che dico sempre è che un vero creativo, di fronte a una fila di persone che stanno ammirando un quadro, non si mette in fila a sua volta magari per criticare il quadro, ma inizia ad osservare quelle persone per capire che cosa attragga così tanto la loro attenzione.

Che futuro vedi per il mondo del gioco in scatola?

I giochi hanno da sempre la capacità di rinnovarsi e cambiare, seguendo l'evoluzione del genere umano e hanno ben più di sette vite. In quasi trent'anni di carriera ho sentito molte volte pronunciare il de profundis per questa tipologia di gioco, che avrebbe dovuto essere spazzata via dai PC, dalle Consolle, dall'online, ma poi alla fine ci sono più giochi oggi di quanti ce ne fossero anni fa. Io penso che il futuro sia assolutamente positivo e sono molto contento che in questi anni si sia sviluppata una scuola italiana che ha dato prova di non essere inferiore a quelle “storiche”, con autori sempre più apprezzati.


 Ti va di parlarci di KaleidosGames, “The games in Mind” e dei progetti futuri che hai in cantiere?

La personale definizione di GIOCO data da Spartaco Albertarelli

KaleidosGames è in realtà il marchio dell'area giochi di una società di nome KaleidosPublishing, che ho fondato insieme a mia moglie, grande esperta di cucina e che ha come obiettivo anche l'editoria elettronica. Il “ramo d'azienda” (oggi mi piace darmi delle arie) che più ci riguarda ha come obiettivo quello di essere e possibilmente restare una indie-company con interessi non solo nel mondo del boardgame, ma anche in quello dei videogiochi, con particolare attenzione a iPad e affini. Per questo ho voluto mettere come “pay-off” (l'ho già detto che oggi mi va di darmi delle arie?) “The Games in Mind”, perchè nella mia testa, alla fine, ci sono sempre i giochi, nella loro completezza. Strumenti come l'iPad sono straordinariamente interessanti per chi fa il game designer come me, proprio perché ti consentono di sviluppare concetti di gioco del tutto diversi da quelli che potresti ideare su carta, ma al tempo stesso non così distanti come molti pensano. Ovviamente, non ci occuperemo mai di videogiochi nel senso più esteso del termine, perché quelle sono cose da grandi software-house, ma ci concentreremo su piccole idee, progettate come fossero giochi da tavolo, ma su un “tablet”. Tutto questo, naturalmente, senza mai dimenticare il primo amore, quindi alla fiera di Essen saremo presenti con la nostra bella scatolina piena di dadi e carte. Il primo gioco ad essere pubblicato sarà infatti un'edizione riveduta e corretta di DiceRun, un titolo uscito per la prima volta circa 10 anni fa. Contemporaneamente, speriamo di poter presentare la versione per iPad di Kaleidos: in pratica un gioco da tavolo, che usa l'iPad come strumento di gioco. Se verrai a trovarci al nostro stand a Essen ne vedrai letteralmente delle belle!

Grazie mille Spartaco per il garbo e la disponibilità con la quale hai risposto alle nostre domande!
Idee Ludiche si augura di poterti “ospitare” nuovamente tra le sue pagine, per parlare magari dei futuri successi che, siamo sicuri, saprai raccogliere già dalla prossima Essen!

giovedì 20 giugno 2013

NOTIZIE IN PILLOLE: VEGETABLES, IL CARD GAME DI DANIELE FERRI COMPIE UN ANNO!

16 giugno 2013, è Mottatonda di Gherardi la location scelta da Daniele per festeggiare il compleanno del suo card game VEGEtables!

"Non ricordo qual è stato il momento in cui mi è venuta l'idea di celebrare il compleanno di Vege tables. Ma se è per questo non ricordo neanche quando mi è venuta l'idea di Vege tables. In entrambi i casi possiamo dire che è stato un affinamento progressivo di due intuizioni che, indipendentemente da tutto, avevano fin da subito il retrogusto di due BUONE idee".

Con queste parole Daniele Ferri spiega sul suo sito come è nata l'idea di festeggiare il compleanno del suo gioco!

lo staff del VEGEtables Day!

Qui vi linko il photoreport della bellissima giornata!
E Qui le foto dell'album tratte dalla pagina facebook di Daniele!

Bravo Daniele e ancora auguri per i tuoi giochi!

domenica 16 giugno 2013

IDEE LUDICHE INTERVISTA MARCO ALBERTO DONADONI



Marco AlbertoDonadoni, un nome che non ha bisogno di presentazioni.

Un personaggio unico nel panorama ludico Italiano (premio speciale alla carriera a Lucca Comics & Games 2007!), capace di pubblicare più di 180 giochi tradotti in oltre 6 lingue.

Idee Ludiche non può che essere onorato di pubblicare questa intervista che l’Autore di perle come Zargo’s Lords, VII Legio o il recente Assist (solo per citare alcuni tra i più famosi titoli ) ci ha concesso!

 

Marco, parlaci brevemente di te e della tua passione per il gioco da tavola.

Il gioco mi  piace da sempre,  fin da piccolo. Il gioco inteso come coacervo di regole che permettano di passare dal fare brum brum con la macchinina a una serie di limiti condivisi che definiscano come brumbrummare in  funzione di un certo obiettivo…
Pare che la mia carriera sia cominciata quando, giocando con mio fratello ai soldatini, continuavo a creare nuove e vieppiù realistiche regole d’uso per fanti e carri armati, in funzione del fatto che con le precedenti vinceva lui. Malgrado la mia costante inventiva tuttavia, essendo meno capace di lui,  tendevo a continuare a perdere sempre, così ben presto compresi che mi piaceva il gioco, mi piaceva fare le regole, meno giocare: quelle esperienze infantili così traumatiche mi portarono a diventare persona che tende a rifuggire i conflitti   ma ad apprezzare e definire le regole (il che si potrebbe anche definire come primo esempio autoriferito di formazione attraverso il gioco).
Ecco,  il gioco mi piace proprio come espressione creativa, mezzo di simulazione e di analisi, più che come strumento atto a stabilire chi è meglio di chi (e soprattutto chi è meglio di me). In altre parole, il gioco mi piace ma non mi piace giocare. Questo potrebbe spiegare, e posso portare le testimonianze,  quanti usavano i giochi IT commentando molto spesso: belle idee, ma poco testate. Eccicredo, se già giocare non mi piaceva pensate che  fatica rigiocar tante volte allo stesso meccanismo…
A mia difesa posso aggiungere che  anche i più caustici detrattori hanno spesso riconosciuto, come detto, che a volte dietro a regole non ineccepibili  le idee di base erano buone, e che anche SPI e Avalon Hill, i riferimenti del tempo, quasi sempre funzionavano dopo la quinta errata corrige pubblicata.
Quello che mi ha sempre entusiasmato della professione del gamedesigner è stato pensare soluzioni, proporre idee, inventare modelli insomma. Del tipo quadrati e ottagoni al posto degli esagoni canonici nei wargame, o un progetto di spazio in cui ci si poteva davvero perdere come in VII Legio,  o una regola del “non t’arrabbiare” che riuscisse e trasformare d’un tratto un giocatore normale in uccisore-superpotente-che-crea-angoscia-nei-concorrenti. Tutte soluzioni innovative che quasi sempre  i soloni del mondo classico ludico hanno sempre giudicato un po’ o tanto blasfeme, e quindi sbagliate per principio.
Ma si sa: l’innovazione trova molto spesso resistenze fra  gli esperti.
Ho sempre pensato a Magikon come a un  grande prodotto intellettuale; era un gioco in cui le regole si formavano via via che si giocava, un po’ ispirato alla giurisprudenza del precedente anglosassone. Procedura scarsamente tuttavia accettata ed amata dal pensiero latino, e infatti Magikon non fu certo un esempio di successo commerciale.
Con la maturità ho aggiunto a quanto detto sopra: se possibile nella semplicità più estrema. 
Io credo che fare un gioco complicato sia quasi da tutti, un gioco semplice da eccellenti.
Un buon esempio di quel che sto dicendo potrebbe essere Assist, l’ultimo gioco che ho pubblicato e che Angelo Porazzi (con la sue deliziose figlie), a conferma della mia scarsa capacità e interesse nell’implementazione delle idee, ha evoluto in un prodotto commerciale e funzionante... L’idea base –di cui sono orgoglioso- era semplice e scarna: togliere schemi precostituiti in un gioco di domande, dando la possibilità  libera di crearle  per indovinare una qualsiasi parola –anche questa non precostituita da nessuna carta o altro- pensata da un giudice terzo rispetto ai concorrenti. La mia invenzione è stata di intuire come  unico vincolo il non doverle fare troppo banali perché al proprio turno di “domandatore” o si fa la domanda o si dà la risposta. Così che potrei anche chiedere “cosa hai pensato?” ma facendo poi immediatamente vincere l’avversario.
Un gioco fra l’altro  nato in connessione con la necessità di fare sperimentare in aula di formazione la difficoltà di elaborare domande chiuse e aperte in funzione di diversi obiettivi di risposta.

Marco con Luca Zaninetti (SlowGame) ed Angelo Porazzi - 2012 -


A questo proposito: i primi vent’anni della tua carriera li hai impiegati occupandoti prevalentemente della realizzazione di giochi, poi sei passato alla formazione manageriale e relazionale, quale aspetto del tuo percorso ti ha dato maggiori soddisfazioni?

C’è un abituale  fraintendimento nella frase che hai usato. Non è che prima facevo giochi e poi sono passato alla formazione: io continuo a fare giochi come strumento di formazione. La differenza è che non vengono più messi in scatola ma in aula. Certo le premesse sono per alcuni aspetti molto diverse: ad esempio non devo più preoccuparmi della ripetibilità, ma posso fare giochi monouso. In compenso non sono orientato a fare cose solo divertenti, ma cose che nel divertimento sviluppano e mettono alla prova competenze ed abilità ben definite.
Quanto alle soddisfazioni, sono ovviamente diverse ma per certi aspetti con comuni denominatori importanti. Proprio mentre scrivo queste righe mi ha chiamato al cellulare uno che (dopo avermi recuperato su internet) voleva dirmi che trent’anni fa si era molto divertito con Okinawa, e adesso sta cercando qualcuno con cui giocare a Zargo’s Lord. Un altro che mi ha scritto da Tokyo, dicendo che si ricorda ancora di VII Legio… e altri contatti, ancora più gratificanti se possibile, il cui piacere è implementato dai tanti anni di distanza rispetto a quelle pubblicazioni.
Dai giochi di formazione ho riscontri più concreti, immediati, anche perché a fine giornata d’aula ho sempre una votazione/commento su quanto proposto e sul metodo di proporlo. A volte ricevo feedback anche successivi del tipo “credo che mi abbiano davvero aiutato a trovar un posto di lavoro”, oppure “sai che quel gioco di ruolo fatto sei anni fa ancora è il modello virtuoso delle nostre riunioni…?”. Ora, in tutta coscienza so che i posti di lavoro o le promozioni non si recuperano attraverso un gioco, per ben pensato che sia: però mi fa piacere sentire che quelle persone gli attribuiscono almeno un pezzetto di utilità reale.



Cos’è per te il GAME DESIGN e come rientra nell’ottica del concetto di formazione?

Come ha detto giustamente qualcuno, un gioco è sempre un meccanismo che simula qualcosa: la differenza fra progettare gioco da mercato e gioco da formazione è forse l’inversione dei punti di partenza. Nel primo caso può essere che si decida come una certa idea/metafora, ad esempio la conquista del West via ferrovia, sia un tema divertente e markettaro, quindi si progetta un gioco in cui nell’analisi delle attività si inseriranno soldi e relazioni fra giocatori per vedere chi è più abile a diventare per primo un miliardario. Nel secondo può succedere che, partendo dall’esigenza di mettere sotto analisi le capacità soft di partecipanti all’aula in tema di relazione e gestione finanziaria,  si studi un progetto di gioco d’aula che usi una metafora utile a questo scopo, ad esempio la conquista del West via ferrovia. 
Un’ ulteriore e significativa  differenza sta nel fatto che alla fine del primo caso ci si accontenta di esser contenti di aver vinto o perso, nel secondo si deve lavorare su cosa è successo per identificare cosa ha fatto vincere o perdere.
Per il resto l’approccio al tema è quasi identico.
Analisi: cosa rappresenta il tabellone? cosa sono i giocatori? qual è l’obiettivo? quali sono le risorse da usare?
Sviluppo: quante mosse può durare? come si coinvolgono tutti fino alla fine? c’è bilanciamento fra le parti? L’obiettivo scopo del gioco è raggiungibile?

In più un gioco formativo deve tenere conto di un elemento importante:  che i partecipanti magari non sono venuti spontaneamente con la voglia di giocare, magari hanno i loro cavoli in testa, magari odiano il gioco, magari hanno paura di essere giudicati  in base ai risultati… quindi regole semplici, riferimenti il più possibile chiari a grandi meccanismi noti (tipo la scopa, Monopoly, la ghigliottina di Conti su Rai1, Trivial e così via) che non fanno perdere tempo su regolamenti sconosciuti, attenzione – se è quello il caso- a spiegare che non si gioca per vedere chi è più bravo ma per aiutarli a crescere insieme, anche scontrandosi fra loro.

Hai vissuto praticamente tutti gli aspetti del mondo del gioco, dall’autoproduzione a quello giornalistico fino al radiotelevisivo, dall’alto della tua esperienza che futuro vedi per il mondo del gioco in scatola?

Siamo in una civiltà che vive i cambiamenti in progressione geometrica: io sono nato che non c’era ancora la televisione, oggi il supporto tipico più diffuso del gioco è lo smartphone, che  a sua volta è solo parente alla lontana dei telefonini di 10 anni fa, e probabilmente non lo sarà per nulla dei prodotti usati da giovani e vecchi fra cinque anni.
Ho visto nascere i videogiochi, sentire dire che il gioco da tavolo era finito, vedere aziende travolte dalle nuove tecnologie o trasformate dalle stesse, rinascere nuovi modelli di socializzazione e di microeditoria, giocare nel net a specie di risiko in tempo reale e fra giocatori di diversi continenti, svilupparsi concetti come l’autoproduzione figlia dell’innovazione tecnologica, locali ludoteche chiudere e altri riaprire come internet ludo point. Oggi noto da una parte una grande voglia di tornare alla socializzazione (ogni weekend c’è una fiera o un evento legato al gioco), e dall’altra vedo ad esempio un prodotto come ruzzle che nasce come scarabeo per cellulare, ipoteticamente pensato per pubblici allargati, che è passato oggi a rafforzare il contatto fra gente che si conosce, e che gioca per il piacere  poi di telefonarsi per commentare vittorie e sconfitte. O che lo fa stando spalla a spalla, ma via telefonino.
La scatola non è che uno strumento che cambia col tempo – prima di Gutemberg le carte non esistevano-, solo che  nel nostro tempo il cambio è incredibilmente veloce.
Quel che mi pare di vedere come elemento di continuità è la permanenza della voglia di stare insieme anche attraverso il gioco, magari sviluppato un po’ meglio nel prossimo futuro: non sarebbe poi la naturale conseguenza/evoluzione del concetto di  social network?
 
Ti va di parlarci de “La borsa dei 100 attrezzi”, di “MAD” e dei progetti futuri che hai in cantiere?

Anzi, la ringrazio della domanda, come dicono i politici assennati. MAD è figlia della P.F.I. (Premiata Fabbrica di Idee) e nasce quando io e il mio storico socio Matteo Rosa decidemmo di prendere strade diverse.  P.F.I. era cominciata con l’idea di lavorare nel gioco in scatola e poi si era allargata a tutto il panorama ludico per  arrivare alla formazione manageriale. MAD nasce dalla formazione manageriale e sta puntando attraverso la creazione di percorsi-gioco a lavorare nel sociale.  Ad esempio “La borsa dei 100 attrezzi” è un progetto di sviluppo ideato per popolazioni a cui nessuno pensa di fare formazione relazionale (studenti, cassintegrati, oggi anche immigrati con piccole realtà lavorative regolari, donne che cercano di rientrare nel lavoro dopo la maternità…), e di farlo attraverso una teoria molto semplice e un’esperienzialità legata al gioco a 360°, cioè da tavolo, di movimento, di costruzioni, di ruolo, di narrazione.
Un altro progetto in cui sono molto impegnato in questi giorni è GameMT®, un master post universitario dedicato a formatori e docenti che vogliono imparare quante facce ha il concetto di gioco e quante possibilità offre nella consulenza personale. In un’ottica finale di aiutare questi professionisti a progettare da sé i loro giochi formativi. Tra l’altro è un progetto  frutto di una collaborazione molto bella fra un sacco di utenti-docenti di  gioco e formazione quali Arnaldo Cecchini, Luisa Salmaso, Piermarco Rosa e tanti altri, fra i quali soprattutto devo citare in maiuscole  il mio co-curatore Domenico di Giorgio. Con loro abbiamo scritto un libro, “Keiron - l’uso del gioco nella formazione”, che è diventato il testo guida per questo master, presentando tutti gli aspetti, anche i più imprevedibili- del gioco inteso in senso didattico. E col formidabile aiuto della Community della Formazione Esperienziale, che nella persona del suo leader Daniela Fregosi sta facendo molto per la diffusione del concetto di gioco utile - oggi quelli fighi lo chiamano Serious Game - e nello stesso tempo per la diffusione del mondo del gioco tout court.
Ma magari questo non facciamolo troppo notare: come diceva Dossena, il gioco è comunque circondato dal discredito, non vorrei che se lo ricordassero anche i formatori…

Bene, a conclusione di questa piacevole chiacchierata un doveroso GRAZIE va a Marco per la grande disponibilità e simpatia che ha dimostrato rispondendo alle nostre domande, permettendoci così,  grazie alle sue esperienze ed opinioni, di far comprendere agli appassionati di tutto ciò che è ludico che il gioco PUO’ e DEVE anche essere mezzo di formazione e crescita oltre che di “semplice” divertimento!

Grazie e alla prossima! :)

mercoledì 12 giugno 2013

NOVARA MANGA, COMICS AND GAMES... QUALCOSA SI MUOVE!

Sembra ormai assodato che la macchina organizzativa di "Novara Manga, Comics & Games" si sia messa in moto. 
Pare quindi che per giugno 2014 anche la città di Novara avrà la sua fiera dedicata agli amanti dei fumetti, del cospaly e dei board games!


Ecco il link alla pagina FB dove potrete seguire gli sviluppi e le tappe di avvicinamento all'evento tanto atteso!

Per ora altro dirvi non vo'... se non ...  

STAY TUNED!