.

.
.
.
.
.

domenica 28 aprile 2013

VEGETABLES, IL CARD GAME MATEMATICO DI DANIELE FERRI




Daniele Ferri da Ferrara, una persona che non passa inosservata!

Espressione sorridente e modi affabili sono le armi che usa per farti sedere al suo tavolo, ed una volta li non si può resistere al fascino dei suoi giochi… una partita tira l’altra!

Ma chi è Daniele Ferri? E quali sono i suoi giochi?

Scopriamolo insieme in questa intervista che l’autore di VEGEtables ha concesso a Idee Ludiche:


Daniele Ferri a Ludica Milano 2013

Daniele, raccontaci di te e di come è nata la passione per il mondo dei giochi.

Sarò moplen. Sono nato nel secolo, ma che dico, nel millennio scorso! E il mio anno è lo stesso del numero di case di una scacchiera. Da 6 lustri mi occupo di informatica, ma solo perché mi piace giocare coi computer. Da ¼ di secolo divido il cammino con moglie e figlia, che sopportano la mia ludopatia, di cui assorbii i germi in seconda elementare quando mi venne regalata la prima scacchiera, esplose viralmente ai tempi di “Gradara Ludens” ed è tutt’ora nel pieno dell’infezione.


Come e dove nasce l’idea VEGEtables?

Da un’insana passione per i giochi di carte. Quelli veri, intendo. Sai com’è, oggi ci sono una quantità impressionante di “giochi CON le carte” (e non li nomino per non farmi dei nemici “a gratis”) che però non hanno nulla spartire con quelli che intendo io. Io volevo un gioco di stampo “classico”, che mettesse alla prova le capacità di calcolo, di memoria e di analisi della situazione corrente, come si fa nel Bridge, nella Briscola e nei mille altri titoli che potrei citare.

Da quanto tempo ti stai dedicando a questo progetto?

VEGEtables sta per arrivare al primo compleanno. E in questi dodici mesi mi ha fatto fare parecchia strada (Lucca, Milano, Roma, solo per citare le più importanti in Italia) anche se la soddisfazione maggiore arriverà ad agosto. Dopo aver presentato VEGEtables alla edizione 2012 del Mind Sports Olympiad di Londra (dove mi hanno passato al microscopio per 4 giorni), domenica 25 agosto 2013, alla 17a edizione del MSO, si terrà il “torneo introduttivo” di VEGEtables, per saggiarne il gradimento e, speriamo tutti, farlo diventare Disciplina Ufficiale dal 2014. Un incrocio di dita è d’obbligo.

E quanto al compleanno, è fissato per domenica 16 giugno un evento speciale: il torneo dei Masters, riservato ai vincitori di uno dei tornei del primo anno. Si svolgerà in località segreta (che raggiungeremo tramite pullman) e ci sarà un Open per gli accompagnatori, intervallato da pranzo all together. Puoi venire, se ti va…

sequenza di carte di VEGEtables

Oltre a VEGEtables so che hai ideato anche un gioco molto intrigante che si chiama Estrema Sintesi…

Avrai notato la citazione nella mia prima risposta.

“Estrema Sintesi” nasce dalla mia passione per l’enigmistica e i giochi di parole in generale. Mi sono divertito a “zippare” il testo di una trentina di pietre miliari della storia della musica italiana offrendo, nello spazio di un biglietto da visita, l’Estrema Sintesi delle parole delle canzoni. Ti regalo un piccolo esempio inedito.

“Davvero non capiamo come si esprime il grosso rettile”

Carino, eh?

Da cosa è dipesa la scelta di autoprodurti? 

Autoprodursi è quasi una tappa obbligata. Quando ho visto il gradimento del prototipo di VEGEtables ho pensato che sarebbe stato carino che esistesse un gioco col mio nome sopra.

Quindi ho iniziato, probabilmente sbagliando, a bussare alle porte di chi produce giochi, ricevendo la classica risposta: le faremo sapere.

Mi sono stancato in fretta di questo atteggiamento, e grazie al contatto di Angelo Porazzi, mi sono recato a Turnhout, in Belgio, al Q.G. di Cartamundi, dove ho preso gli accordi per la produzione, e dopo qualche mese le mie carte erano una realtà.

Ma una precisazione è importante. Bisogna essere certi della bontà del proprio prodotto. La mia formazione ludica di stampo prettamente classico (scacchi, dama, go, backgammon, bridge e potrei continuare) mi ha permesso un approccio altamente critico nei confronti della mia creazione. Sapevo quali ne fossero i difetti e li ho rimossi. So quali sono rimasti e li ho nascosti così bene che nessuno li ha ancora trovati. Il gioco è matematicamente inattaccabile: non può bloccarsi nemmeno giocando in modo illogico.

Hai progetti futuri in cantiere?

Arriverà un altro gioco di carte. Top Secret, ovviamente.

Come fu per VEGEtables ho prima creato la base del gioco con le normali carte francesi, l’ho proposto agli amici raccontando che avevo trovate le regole sul web e ho misurato in diretta il gradimento. E mi sono convinto per partire anche con questa avventura.

Sono in attesa delle prime bozze grafiche e se sarò fortunato avrò il primo prototipo presentabile in anteprima assoluta a “Paris est ludique” (22-23 giugno)!

Buono a sapersi  Daniele! Allora prima di salutarci non possiamo che farti un grosso in bocca al lupo per la realizzazione del tuo nuovo progetto!

Non vediamo l’ora di scoprire cosa ci riserverà questo eclettico autore, capace di spaziare dal campo della matematica a quello dell’enigmistica con semplicità e naturalezza, ma sempre mantenendo i suoi giochi ad un livello fruibile a tutte le tipologie di giocatori!

Continua così Daniele!

Max_T­

martedì 23 aprile 2013

FANFICTION LE CRONACHE DEL VERBANO: "SE SON ROSE FIORIRANNO, SE SON SPINE PUNGERANNO" (n°1)



racconto presentato da Matteo Boca

Ottavio non era ancora riuscito a fare un'intera notte di sonno da quando aveva trovato l'Uovo. La
fuga, la paura di perdere l'amico, la tensione a Milano, l'addio alla madre erano stati solo il prologo
di quello che avrebbe trovato tra le montagne. Durante le ore di buio, erano infiniti i suoni che
turbavano il suo riposo: nonostante quei suoni gli fossero tutti o quasi famigliari, li temeva, non
tanto per quello che avrebbe potuto accadere alla sua vita, ma per quello che avrebbe potuto
capitare all'Uovo.
Al tatto, è vero, sembrava indistruttibile ed inviolabile; quando lo metteva a scaldare al sole
scintillava e pareva la statua più magnifica che fosse stata mai scolpita. Ma era in quel momento che
lo vedeva ricco di trasparenze, che poteva intravedere con facilità la vita all'interno di esso: niente
avrebbe dovuto interferire prima della schiusa. “Una volta nato, sarò molto più tranquillo, e potrò
riposarmi” continuava a ripetersi il futuro dragoniere.
Fu di ritorno da una breve battuta di caccia che avvenne la schiusa: i picchiettii dall'interno si
trasformarono in crepe, le crepe diventarono dei buchi frastagliati, il guscio in breve divenne un
Drago. Il momento in cui il piccolo, anzi LA piccola, come scoprì in seguito Ottavio, si mise in
piedi sulle zampe e si stiracchiò le ali divenne cristallizzato nel tempo. I due esseri viventi si
fissarono, immobili, nelle posizioni in cui si erano scoperti per la prima volta, per quella che sembrò
un'eternità. Non che nessuno dei due volesse toccare l'altro, semplicemente nessuno dei due riusciva
a muovere un muscolo.
Fu lo stomaco della draghetta a interrompere l'idillio e riportare tutto sul piano reale. Il ruggito fece
sussultare Ottavio che, però, percepì il suono arrivare dallo stomaco della sua nuova compagnia. Le
appoggiò cautamente davanti le due lepri catturate di fresco: il ragazzo fece per farsi indietro
quando le vide scomparire in un attimo nel gargarozzo di Ruggine.
Ruggine era la prima parola che gli era venuta in mente quando Ottavio ricominciò ad usare le
facoltà mentali a ritmo normale. Era un colore, ma era anche la sensazione sotto le dita quando la
accarezzavi. Era un odore. Ruggine era il “suo” drago!
La vita da allevatore risultò più semplice di quella che il ragazzo si aspettasse. Si era già figurato di
dover passare intere giornate a caccia, per procurare cibo per sé e per Ruggine: appostamenti,
rinunce... invece la draghetta aveva dimostrato in breve di essere un'abile procacciatrice di carne.
L'istinto che la guidava le permetteva di scegliere le prede migliori e la capacità di volare faceva
risparmiare un sacco di tempo in quella operazione.
I due erano indubbiamente affezionati l'uno all'altra: alla sera tornavano insieme alla grotta, e
quando al mattino uscivano per le attività quotidiane, caccia compresa, si muovevano sempre
appaiati. Non si potevano però dire una squadra.
Ottavio aveva cercato già a più riprese di far obbedire Ruggine ai comandi più elementari, dal
“Vieni” al “Aspettami”, ma la squamata creatura sembrava non ascoltarlo nemmeno. Allo stesso
modo, non erano mancate le occasioni in cui Ruggine aveva proposto di addentrarsi in zone del
bosco non proprio comode per un deambulante su due zampe. “Guarda Ruggine, vai pure avanti tu,
io mi siedo su questa pietra un attimo. Oggi sono davvero stanco” era la risposta di Ottavio che, non
appena fuori portata di occhio, si alzava e gestiva la caccia da solo, e a suo piacimento.
“Certo, un drago saprà anche un sacco di cose per antichità infusa, ma non ho mai trovato nessun
asino che mi dicesse quanta merce caricare su un carretto” si diceva, soddisfatto della sua tenacia.
Passavano in fretta le settimane, e la nuova famiglia aveva già dovuto cambiare casa un paio di
volte. Nonostante agli occhi dell'umano il drago sembrasse sempre grande uguale, bastava
pochissimo tempo per notare che le punte sulla testa iniziavano a sfregare sulle arcate delle grotte o
che la coda, prima tanto facile da afferrare durante i giochi “alla lotta”, fosse già troppo cicciosa per
essere circondata con le braccia.
I due ormai basavano la propria esistenza su quella dell'altro. Dopo qualche tempo trascorso senza
vedersi, facevano in modo di darsi un'occhiata, anche se di sfuggita. Se era in arrivo un temporale,
quello che raggiungeva per primo il rifugio, stava sulla soglia fino a che anche l'altro non si fosse
messo al riparo.
A dormire stavano acciambellati in due punti differenti. Ottavio aveva provato ad avvicinarsi al
drago per provare ad usarlo come cuscino, ma il mattino dopo si era sempre trovato sulla nuda
pietra con la ronfante amica a pochi metri da lui. Così il ragazzo aveva creato un caldo involucro in
cui avvoltolarsi come un bruco in crisalide con il quale poteva rotolare un po' più in là, nel caso il
russare di Ruggine si fosse fatto troppo insistente.
Fu durante una notte senza luna che i due si svegliarono di soprassalto: occhi aperti e nessun fiato.
Udivano distintamente delle voci provenire dall'esterno della grotta, ed una tra esse continuava ad
insistere di abbassare il tono.
Briganti!
Ottavio aveva già avuto a che fare con un gruppo di essi, ma questa volta riteneva di non avere
niente di utile per le contrattazioni. Anzi, a ben pensarci, da vivo, era solo un intralcio posto tra la
cattura di un drago e le mani di un brigante assetato di denari.
In un lampo, predispose tutto quanto: una grossa tela per coprire Ruggine che stranamente non
protestò, forse incuriosita e intimidita dalla sicurezza del giovane; poi spostò delle pietre in maniera
che il piccolo fuoco lasciasse in ombra il suo nascondiglio; infine si preparò ad un lancio di piccole
rocce già accatastate a fianco di un nodoso bastone.
Si era girato un attimo per fare un cenno a Ruggine, quando il primo brigante si affacciò all'ingresso
della caverna. “Venite, qualcuno è stato qua da poco... o è ancora qua... ma nascosto” disse
volutamente ad alta voce.
Ad Ottavio non sembrò di riconoscere nessuna delle sei facce dei briganti. “Non sono uomini del
Guercio, e non posso quindi pensare ad una bevuta insieme! Devo fare solo in modo che non
prendano Ruggine” pensava mentre le nocche gli diventavano bianche per via della stretta attorno ai
sassi che reggeva.
Uno tra loro esordì “Pipino sarà comunque contento se gli portiamo qualcosa, vediamo se c'è
almeno del cibo da qualche parte!”. Fece il primo passo verso il fuoco mentre Ottavio lasciava
partire il primo proiettile. Il brigante, colpito ad una costola, si accasciò imprecando. Ottavio era di
nuovo nell'ombra, quando i suoi avversari iniziarono a separarsi con i coltellacci in mano in una
danza che avevano già ballato chissà quante volte. L'uomo a terra si lamentava, ma ebbe la
prontezza di spirito di scalciare il piccolo fuoco per aumentare la luce nell'arena. Una seconda pietra
partì verso il volto di uno dei cinque restanti. Colpito. Quello finì per terra senza emettere un
rantolo. Ottavio, deciso a colpire ancora da distanza, si chinò per raccogliere una seconda carica di
pietre, quando uno degli uomini lo afferrò alle spalle. “Così sei scortese, ragazzo!” rise forte il bruto
con il suo fiato di vino scadente. Gli altri rialzarono alla bell'e meglio i compagni e si strinsero
intorno allo sventurato. “Quindi ora dovremmo farti pagare con gli interessi quello che ci hai fatto”
“Già, a meno che tu non abbia altro, oltre la tua vita, con cui pagarci!” “Sappi che la pazienza non è
proprio una virtù che possediamo”.
Lo sguardo del dragoniere era fiero. Non parlò, ma lasciò fiammeggiare i suoi occhi: era deciso a
tentare un attacco a quello di fronte a sé. Non avrebbe lasciato Ruggine sola senza combattere.
Il resto fu solo fuoco, ruggito e sei banditi con le gambe troppo molli per concedere una fuga.
Ruggine era uscita allo scoperto e, sebbene fosse ancora piccola per le dimensioni di un drago
adulto, era sufficientemente imponente da incutere più che paura nei nemici umani. Il fuoco non
colpì nessuno, ma bastò a far balbettare un “D-d-d-rago” a quello che si faceva scudo con Ottavio.
Con uno strattone il ragazzo se ne liberò.
Ruggine fece un balzo verso il compagno e, afferrandogli la giubba con i denti, lo fece letteralmente
volare sulla sua schiena. Un paio di altri balzi, con Ottavio in preda al panico in cerca di un appiglio
solido, e Ruggine si lanciò dalla grotta verso il basso. Non appena sentì le braccia del ragazzo
stringersi intorno al proprio collo, un paio di colpi di ali le fecero stabilizzare il volo e virare
bruscamente.
Non sarebbe riuscita a volare per molto, capì subito il “collare” vivente, ma sarebbe bastato per
trovare un rifugio sicuro almeno fino al sorgere del sole. La luna era assente, e questo era un bene:
non avrebbero potuto seguirli nemmeno con lo sguardo.
Ottavio aveva le gambe con profonde ferite dovute alle squame di Ruggine, che pareva averlo
capito da come aveva iniziato a rendere più dolci le virate; una carezza si affacciò sulla mano destra
di Ottavio andando a salutare il collo dell'amica. Un profondo suono gutturale rispose rassicurante.

FANFICTION LE CRONACHE DEL VERBANO: "RACCONTO PROPOSTO DAI GRUPPI SCOUT DI ARONA, NOVARA E TRECATE" (n°2)




Racconto collettivo scritto dai gruppi scout di Arona, Novara e Trecate


In un tempo remoto, quando l'uomo ancora non dominava la Terra, i draghi schiavizzavano gli umani.
Dopo anni e anni di schiavitù, un gruppo di umani ribelli incise un urlo nell'antica lingua dei draghi. Questa incisione aveva il potere di squarciare l'anima dei draghi, costringendoli a rimanere a terra. Grazie a questo potere gli uomini riuscirono a scacciare tutti i draghi, costringendoli in un'altra dimensione.
Le antiche leggende narrano anche che prima o poi i draghi riusciranno a fuggire da questa prigione e che solo un eroe potrà fermarli. Quest'uomo avrà il corpo di un umano e l'anima di un drago e solo lui sarà in grado di riapprendere l'urlo squarcia-draghi.
Questa persona non è stata ancora trovata, ma bisogna affrettarsi perché secondo la leggenda il portale dimensionale che permette ai draghi di seminare panico e terrore tra gli umani è proprio il buco nell'ozono che, per colpa dell'inquinamento, si sta allargando sempre più.