racconto presentato da Massimiliano Troscia
Milano, inverno del 1309.
Il fuoco crepitava vivacemente nell’enorme
camino in pietra della cucina, riempiendo la stanza di ombre tremolanti.
Giorgione infilò accuratamente l’ultimo ceppo
di legna nel vivo delle fiamme e restò un istante ad osservarlo mentre veniva
avvolto dalle lingue di fuoco.
“Ecco fatto, questo dovrebbe scaldarci per il
tempo necessario a raccontavi un’ultima storia” disse facendo cenno ai bambini
di avvicinarsi, “ma che sia l’ultima!” aggiunse sorridendo bonariamente.
“Siii!” urlarono in coro i piccoli che erano
accovacciati a gambe incrociate all’ingresso della cucina.
“Ti prego, raccontaci quella di sir George e
del drago Melbor!” lo implorò Azzone, il più giovane.
“Sir George, si, è tanto che non ce la
racconti” gli fecero eco gli altri.
“E va bene, vada per sir George” rispose
Giorgione, sistemandosi pazientemente sullo sgabello con le spalle rivolte al
camino.
Giorgione, il vecchio cuoco di palazzo dei
Visconti, era davvero bravo a raccontare storie di draghi e cavalieri ed ogni
sera intratteneva il suo pubblico fatto di bambini e ragazzi appartenenti alla
corte viscontea con un racconto diverso.
Azzone, in particolare, non mancava mai un
appuntamento, e quella del drago Melbor era senza dubbio la sua storia
preferita…
<< Il drago lo fissava con i suoi
grandi occhi dai riflessi rosso fuoco.
Uno sguardo che stranamente non trasmetteva
ferocia o rabbia come ci si poteva aspettare in una situazione del genere, ma
pietà.
Pietà non implorata, bensì rivolta a chi gli stava di fronte!
Sir George era pronto ad affrontare qualunque
tipo di espressione da parte di una creatura conscia di essere giunta ai suoi
ultimi istanti di vita, dallo stupore alla paura più profonda, ma mai si
sarebbe aspettato che la sua vittima lo guardasse con pietà, quasi a volerlo perdonare per ciò che stava facendo.
Gluk… Glak…
Goccie di umidità, cadendo dalla moltitudine
di stalattiti che formavano il soffitto della caverna, interrompevano di tanto
in tanto il silenzio che si era creato dopo che la creatura, con un urlo
agghiacciante, era stramazzata al suolo colpita dal dardo avvelenato scagliato
dalla balestra di sir George. Non un veleno mortale ma un siero magico, capace
di immobilizzare temporaneamente i poderosi muscoli del drago.
Prima di partire per la città di Solem sir
George si era recato da padre Gauto per farlo benedire, nonostante le
rassicurazioni ricevute da Gavino, l’alchimista di corte, riguardo l’efficacia
di questo intruglio che aveva confezionato appositamente per l’occasione.
“Che il signore ti accompagni, figliolo” gli
gridò il frate, mentre sir George si stava allontanando a cavallo del suo
destriero, diretto all’antro del drago Melbor nelle lontane terre di Re Bedivere.
Il sovrano era in cerca di un prode cavaliere
in grado di sconfiggere un famelico drago che infestava il suo reame, e chi meglio di sir George, combattente
valoroso e senza macchia, poteva risolvere una situazione del genere?
Quando i messaggeri reali lo raggiunsero e
gli portarono la richiesta di aiuto del monarca, sir George non ebbe esitazioni
e rispose prontamente.
Non aveva mai avuto a che fare con un drago…
aveva battuto in combattimento decine di cavalieri, messo in fuga bande di
briganti ed eserciti di mercenari dell’est, una volta aveva addirittura
sconfitto un gigante delle montagne nella Caledonia meridionale, ma di draghi
proprio non se ne intendeva, nel suo paese oltre lo stretto della Manica se ne vedevano
raramente e quei pochi non avevano mai fatto parlare male di sé.
“Mira alla base del collo” era stato il
suggerimento di Gavino, “in quel punto pare che le scaglie della sua corazza
siano meno dure”…
E così aveva fatto, nella penombra della
grande grotta, con il sudore freddo che gli scendeva a rivoli sugli occhi, era
riuscito a dirigere il dardo proprio al centro del bersaglio che si era
prefissato.
Ora che il drago Melbor era alla sua mercè
però qualcosa di inesplicabile lo tratteneva dallo sferrare il colpo di grazia.
SAPEVO CHE SARESTI ARRIVATO.
Una voce greve e profonda giunse all’orecchio
del cavaliere. Ma non proveniva dalle fauci serrate della creatura…
ULTIMAMENTE VOI UOMINI AVETE COMINCIATO A
GUARDARCI CON SOSPETTO E TIMORE, AVETE CREATO FALSE LEGGENDE CHE CI HANNO MESSO
IN CATTIVA LUCE AGLI OCCHI DEL POPOLO…
Melbor, non potendo muovere alcun muscolo,
stava comunicando grazie alla smisurata forza della sua mente, pensò sir George,
che era stato messo in guardia da Gavino anche su questa possibilità.
“I draghi hanno un linguaggio proprio” lo
avvertì l’alchimista, “ma non possono essere compresi da noi uomini, solo elfi
e gnomi conoscono i segreti per comunicare con loro, però la loro mente è
estremamente potente, si dice che riescano a parlare anche attraverso essa”.
Memore di quelle parole non si fece cogliere
impreparato: “creatura demoniaca” disse prontamente con voce ferma, rinfrancato
dal fatto di aver scalfito la leggendaria corazza del drago al primo tentativo,
“non mi ingannerai con le tue parole, sono venuto qui per svolgere una missione
e porterò a termine il compito che mi è stato affidato!”.
Con passo man mano più sicuro si avvicinò
ulteriormente all’enorme sagoma del drago, che giaceva accovacciato ed immobile
su un grosso cumulo di monete d’oro e tesori di ogni forma e provenienza e, dopo
aver appoggiato a terra la balestra, sfoderò la spada e continuò: “tu pretendi
oro e sacrifici in cambio della promessa di non nuocere alla gente della città
di Solem, e parli di false leggende?”.
ORO E SACRIFICI… TU SEI UN VALOROSO PALADINO VENUTO
DAL NORD, ASSOLDATO DAI POTENTI DI SOLEM PER ELIMINARMI… E PENSARE CHE POCHI
ANNI ORSONO ERAVATE PROPRIO VOI UOMINI
A CHIEDERE IL NOSTRO AIUTO!
“Cosa vai dicendo drago?” lo interruppe sir
George.
E’ LA PRIMA VOLTA CHE INCONTRI UN DRAGO,
VERO?
“E con questo?” rispose stizzito il cavaliere
che ormai, spada alla mano, era arrivato a pochi metri dalla testa di Melbor.
COSA TI HANNO RACCONTATO? CHE CHIEDO ORO E
DIVORO VERGINI? HA HA HA!
La sonora risata del rettile echeggiò
nell’antro.
TI STAI CHIEDENDO PERCHE’ TI GUARDO CON
PIETA’… VEDI, TU NON SAI QUELLO CHE E’ REALMENTE SUCCESSO; I REGANTI DI SOLEM,
DOPO ESSERSI SERVITI DI ME PER ANNI, VOGLIONO ELIMINARMI… LE LORO TASCHE SONO
VUOTE, HANNO SPERPERATO LE FORTUNE CHE I LORO AVI AVEVANO ACCUMULATO. ED ORA
QUESTO ORO CHE MI FA DA GIACIGLIO, LO STESSO ORO CHE LORO MI HANNO OFFERTO PER I MIEI SERVIGI, LI INGOLOSISCE!
GLI UOMINI SONO FATTI COSI’, FAREBBERO CARTE
FALSE IN NOME DEL DIO DENARO… MA TU SEI DIVERSO, LO VEDO, TU SEI UN UOMO DI
SACRIFICIO, COMBATTI PER LE GIUSTE CAUSE, PER QUESTO HANNO SCELTO TE…
“Basta!” disse furioso il cavaliere, “hanno
scelto me perché hai sterminato tutti i più valorosi soldati che hanno provato
a fermare la tua ferocia, Re Bedivere mi ha raccontato tutto. Ma io non ti
temo”.
SCIOCCO! NON CAPISCI CHE TI HANNO INGANNATO?
TI STANNO USANDO PER I LORO SCOPI E POI TI ELIMINERANNO… PROPRIO COME VOGLIONO
FARE CON ME.
ASCOLTAMI, IO SONO UNA CREATURA GIUSTA.
C’E’ STATO UN TEMPO IN CUI HO VISSUTO TRA GLI
UOMINI, AIUTANDOLI CON SAGGI CONSIGLI E VENENDO RICOMPENSATO CON ORO E PIETRE
PREZIOSE, CHE A MIA VOLTA DONAVO ALLE CREATURE DEL BOSCO AFFINCHE’ NE FACESSERO
OPERE DI BENE.
POI, CON LA VENUTA DI RE BEDIVERE E DELLA SUA
CORTE, LE COSE SONO CAMBIATE. IL RE, CONDUCENDO UNA VITA DISSOLUTA, HA SVUOTATO
LE CASSE DELLO STATO E PER FERMARE IL MALCONTENTO DEL POPOLO HA PENSATO DI DARE
LA COLPA A ME, FACENDOMI PASSARE PER UN DRAGO CRUDELE CHE INCENDIA CASE,
RAPISCE POVERE VERGINI E FA RAZZIA DI BESTIAME…
“Ora basta con questo siparietto!” una voce
gracchiante interruppe l’arringa difensiva di Melbor.
Re Bedivere, in compagnia della sua guardia
reale armata di tutto punto, bloccava l’ingresso della caverna. Non era soli,
alle lo spalle si intravvedevano anche alcuni servitori con dei grossi
forzieri.
“Pensavo che il prode George avesse già
portato a termine il compito che gli avevo affidato” disse il Re con tono
sarcastico, “invece lo trovo che chiacchiera amabilmente con il nemico…”
Sir George era senza parole, cosa ci faceva
il Re nell’antro di Melbor? E per giunta scortato dai suoi soldati migliori… ma
non erano tutti morti nel tentativo di fermare la furia del drago? E quei
servitori con i forzieri a cosa potevano servire se non a raccogliere l’oro del
drago?! “ma allora… ha ragione il drago?!” chiese incredulo rivolgendosi al Re.
“Beh, si, è tutto vero!” rispose candidamente
Re Bedivere, “ho dato ordine di incendiare qualche casa e di rapire qualche
giovane ragazza… sai, il popolo incominciava a lagnarsi, ma che importa ormai?
Noi siamo in 20 e armati di tutto punto, tu sei solo e sconfortato più che mai
e Melbor è immobilizzato grazie al tuo veleno!” aggiunse ridacchiando ironicamente
e fregandosi le mani.
Dopo una breve pausa di compiacimento il Re
alzò una mano e fece un cenno ai suoi uomini, ”Guardie, uccidet…”
L’ordine venne interrotto bruscamente da un
boato subito seguito da un bagliore accecante che illuminò la grotta.
Quando il sovrano riaprì gli occhi della sua
guardia reale era rimasto solo un ammasso di ferraglia semisciolta.
Il sovrano non poteva credere a ciò che
vedeva. Melbor, che un attimo prima giaceva assolutamente immobile,
all’improvviso aveva alzato la testa e con un alito di fuoco aveva incenerito i
soldati che lo accompagnavano.
Bianco in volto per la paura e quasi senza
poggiare i piedi a terra Re Bedivere scappò a gambe levate dalla grotta urlando
all’impazzata, preceduto dai servitori bruciacchiati che avevano abbandonato i
forzieri a terra.
“Hiuppy!” una voce squillante riportò sir
George alla realtà, era di un elfo che, uscito allo scoperto dal suo
nascondiglio tra le rocce, saltellava euforico agitando un grosso megafono. Il
cavaliere lo guardò meravigliato attraverso la celata dell’elmo.
“Melbor, ce l’abbiamo fatta!” urlò l’elfo rivolgendosi al drago, “Quel
farabutto del Re se l’è data a gambe e Sir George credo proprio che abbia
imparato la lezione, non è vero prode cavaliere?!” disse saltellando gioioso da
un piede all’altro intorno all’attonito sir George.
“Ma tu da dove sei uscito?” chiese cauto sir
George, “ e il drago… non era forse
immobilizzato?”.
“Sono l’elfo Wally! Ho prestato la mia voce a
Melbor affinchè lui potesse comunicare con te e convincerti della sua bontà
d’animo. Sapevamo che quell’intrallazzatore di Bedivere avrebbe mandato a
chiamare qualcuno che provenisse da lontano per usare la sua buonafede e la
scarsa conoscenza dei fatti a favore dei suoi spregevoli scopi. Per fortuna
siamo riusciti ad architettare un piano ben riuscito per costringere il Re a
confessare i suoi malefatti! Eravamo sicuri che il Re ti avrebbe seguito per assicurarsi
che tu svolgessi come si deve il tuo compito. Melbor si è finto immobile per
permettermi di guadagnare tempo raccontandoti la verità su questa storia. Ho
usato il megafono per camuffare la mia voce e renderla più profonda e
credibile. Il resto lo hai visto con i tuoi occhi… ma dimmi, come potevi
pensare che quell’insignificante dardo imbevuto di veleno potesse trapassare la
spessa corazza di un drago!?”
Wally riprese un attimo fiato e continuò,
“sir George, ora che hai scoperto la verità ci aiuterai a riportare la pace e
la ragione sui cieli di Solem?”
“Stavo per commettere un errore
imperdonabile” si scusò il cavaliere riponendo la spada nel fodero, “guidato
dalla smania di difendere gli oppressi stavo facendo il gioco degli oppressori”
poi, dopo essersi tolto l’elmo, si inginocchiò di fronte a Melbor che lo
guardava soddisfatto, “tu potevi incenerirmi in qualsiasi momento, invece hai
preferito farmi ragionare, questo significa che sei saggio ed hai visto del
buono in me… sarò al vostro fianco nella battaglia per la salvezza di Solem!”.
Il drago si risollevò dal suo giaciglio
dorato dispiegando le ali e manifestandosi in tutta la sua statuarietà; fece un
cenno con la testa a sir George il quale, a sua volta, rivolse un’occhiata
interrogativa a Wally.
“Ti sta chiedendo di montargli in groppa” gli
spiegò l’elfo sorridente, “vuole partire subito all’inseguimento del Re e
sistemare una volta per tutte questa faccenda”.
Il cavaliere non se lo fece ripetere due
volte e con un agile balzo, nonostante il peso della corazza, in un attimo fu
in groppa a Melbor. Entrambi fecero un gesto di saluto all’elfo che ricambiò
con un profondo inchino.
Mentre i due uscivano dalla grotta un caldo
sole primaverile faceva capolino tra le nuvole, presagio che una nuova
avventura stava nascendo sotto i migliori auspici…>>
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