Bretagne, il nuovissimo gioco ideato da Marco Pozzi, sarà in uscita a breve (ottobre); si tratta un piazzamento lavoratori dalle grafiche mozzafiato. Questo titolo mi ha subito incuriosito, non foss’altro per l’insolita ambientazione: i giocatori saranno infatti impegnati nella costruzione di Fari sulle coste frastagliate della Bretagna. Oggi vorremmo parlarvi di questo gioco in compagnia proprio di Marco, che ha accettato di buon grado di raccontarci qualcosa di lui, i segreti di Bretagne e i molti e interessanti progetti che lo impegneranno nei prossimi mesi.
.Ciao Marco, benvenuto a Idee Ludiche! A beneficio di quanti non ti conoscono ancora ti chiederei di presentarti ai nostri lettori. Di dove sei e cosa fai nella vita di tutti i giorni?
Ciao a tutti, sono nato quasi 48 anni fa in un paesino della provincia di
Forli, ma ho sempre vissuto a Voghera (PV) da cui mi sono trasferito negli
ultimi anni in un altro piccolo paesino della provincia di Alessandria assieme alla mia compagna, Laura. Nella vita
di tutti i giorni, dopo essermi occupato per anni di programmazione, faccio
l’analista di processi nel campo dell’efficientamento energetico per una grossa
corporation italiana.
.E da quanto frequenti il mondo dei Board Games?
Anche se fin da piccolo inventavo o riproducevo giochi da tavolo per i miei
fratelli e mio cugino, in quelle infinite estati di quando sei piccolo e il tuo
unico impegno è la scuola, ludicamente parlando sono nato nel 2007, grazie ad
una bellissima manifestazione scoperta per caso che si teneva per le vie di
Mantova; non avevo mai visto niente di simile ed è stato amore a prima vista
con Carcassonne: il giorno dopo avevo già la mia bella scatola del gioco base
che con Laura abbiamo consumato a furia di partite. Poi c’è stata la conoscenza
di alcuni giocatori della mia zona, Costanzo e Fabrizio in primis, con cui ho
iniziato a fare serata fissa settimanale e che mi hanno fatto scoprire i grandi
classici (Coloni, Puerto Rico, Caylus). Da li sono nati i primi tornei con la
BGL, giochi sempre nuovi (anche se mai quanti ne vorrei), ed i primi vagiti di
progettazione. Mi ricorderò sempre la sorpresa al ritorno di una giornata di
scalate: torno a casa e Laura mi fa trovare ritagliati i componenti per una
idea di gioco di cui le avevo parlato qualche sera prima… l’invito è di provare
a vedere se l’idea funziona, e di li a mettermi a progettare e ritagliare il
passo è stato breve. Fondamentali in seguito si sono rivelati un paio di
passaggi, che consiglio a tutti gli aspiranti autori di giochi: la
partecipazione al Premio Archimede e a IdeaG, entrambi formativi e in grado di
metterti a confronto con chi ne sa decisamente più di te J
.Parliamo ora di Bretagne, il tuo nuovo gioco in uscita a ottobre, edito dalla Placentia Games. Partiamo dall’ambientazione: la costruzione di fari in Bretagna, cosa ti ha ispirato un’ambientazione così particolare?
In realtà, i fari mi hanno sempre affascinato, al di la del fatto che il
mare fino a pochi anni fa neanche sapevo cosa fosse (sono sempre stato un
appassionato alpinista e il mare lo vedevo a volte con il binocolo una volta
arrivato in cima a qualche vetta delle Marittime). Però l’estate in cui è nato
Bretagne dovevo proprio fare una vacanza nella zona… essendo poi sfumata
all’ultimo minuto, mi è rimasta la voglia di saper di più e da subito, dopo
aver visto per bene la cartina della Bretagna e alcune foto, si è fatta strada
l’idea che poteva essere un ottima ambientazione per un gioco.
.Di Bretagne sappiamo che è un “piazzamento lavoratori” adatto più che altro ai gamers, che può coinvolgere da 2 a 4 giocatori e che ha una grafica davvero convincente. Al di là di questo quali sono secondo te i punti di forza del gioco?
Secondo me il segreto di Bretagne sta nel trovare la risposta migliore al
dilemma: meglio
l’uovo oggi o la gallina domani? Tutta la partita è un continuo domandarsi se conviene
fare pochi punti subito ma sicuri, recuperando preziosi lavoratori, oppure di
farne molti di più nelle fasi successive, ma senza averne la certezza e
impegnando lavoratori che potrebbero tornarmi utile nell’immediato. A
complicare il tutto c’è poi il fatto che le azioni degli altri giocatori
incidono profondamente sulle mie possibilità di punteggio, per cui lo studio ad
ogni mossa di quali fari costruire diventa indispensabile per non ritrovarsi a
bocca asciutta alla fine del turno.
Bretagne è un gioco da giocatori, sia per la durata che per l’impegno
richiesto… parte tranquillo se vogliamo, ma man mano che il gioco volge verso
la fine ed i fari da costruire si assottigliano di numero, diventa davvero
importante valutare bene ogni mossa.
.Ho una curiosità, ci sono “connessioni” con Castles? Ovvero, l’esperienza maturata con la pubblicazione del tuo primo gioco ha influenzato meccaniche o altro nella nascita di Bretagne?
Bretagne è nato anche grazie al voler riutilizzare una meccanica scartata
da Castles, che io ritenevo comunque molto carina e meritevole di essere
riutilizzata in qualche altro gioco. Sicuramente, dopo Castles il mio modo di
progettare giochi è nel frattempo migliorato, e con esso la consapevolezza di
cosa fare e cosa non fare in un gioco, per cui si, l’esperienza di Castles ha contribuito a
rendere Bretagne migliore. Se comunque volete maggiori dettagli sulla storia di Bretagne, a breve
sul sito di Post Scriptum saranno disponibili dei contenuti molto speciali
sull’argomento… Ma per avere maggiori dettagli dovete chiedere a Mario!
.Cosa non ha funzionato con Castles? Con il senno di poi ci sono scelte che non rifaresti?
In realtà di scelte su Castles ne ho potute fare ben poche, avendo visto solamente il prodotto finito. Cosa non ha funzionato è stato sicuramente l’aver voluto stravolgere completamente un gioco nato in un certo modo: l’intenzione poteva essere lodevole, ma il risultato non molto felice… forse con un coinvolgimento maggiore di Mario, Matteo e del sottoscritto si sarebbe potuto fare meglio, ma penso davvero che il motivo principale sia stato il voler stravolgere un gioco nato come gioco per giocatori e trasformarlo in gioco per famiglie, senza il necessario playtest alle spalle.
.E come sono i tuoi rapporti con Placentia Games e Post Scriptum?
Con Mario e Matteo (Post Scriptum) mi sono sempre trovato bene fin dall’esperienza di
Castles, al di là del risultato finale. Li ritengo, oltre che degli amici, dei
bravissimi sviluppatori, davvero molto ”rompiscatole” com’è giusto che sia nel
loro ruolo. Sicuramente ho imparato molto nel confronto con loro!
Con Placentia Games… beh, non posso che essere grato a loro per l’occasione
che mi hanno dato! Sono prima di tutto degli appassionati giocatori, ma nel
gioco hanno comunque messo al di la della passione concretezza e
professionalità. Mi hanno sempre coinvolto nello sviluppo del gioco, grafiche
comprese, e da quello che so non è una cosa che avviene cosi frequentemente …
certo, l’abitare vicini (Piacenza è a 1h di macchina da me) può aver favorito
la cosa, ma davvero il sentirsi partecipe della crescita della propria creatura
è stato davvero bello. Vorrei poi cogliere l’occasione per ringraziare anche
Alex Pattori che è sempre stato “vicino” al gioco fin dalla sua nascita,
seguendolo dai primi playtest fino al prodotto finale… se poi c’è stato il
contratto con Placentia Games lo devo molto a lui.
.Progetti futuri e sogni nel cassetto?
Al momento ci sono due giochi in fase di sviluppo: il primo, allo stadio
finale di test e quasi pronto per essere inviato in visione agli editori, è un
gioco di pick&delivery ambientato ai tempi della Pax Mongolica, con una
spruzzatina di gestione risorse abbinato all’uso accorto dei dadi; il secondo è
un gestione risorse di ambientazione medioevale, in cui ogni giocatore sviluppa
il proprio villaggio entrando in competizione con gli altri giocatori per
esaudire le richieste del proprio Re: la meccanica di scelta delle azioni è
molto cattiva ed originale, ogni giocatore ha plance del proprio territorio su
cui “incastrare” gli edifici che man mano costruirà, le cui differenti forme
costringeranno i giocatori a dover reimparare ad ogni partita la miglior
posizione per costruire… è quello che io chiamo “un giocone” (l’equivalente di
cinghiale) e nello sviluppo mi affianca Alex.
C’è poi quello che io chiamo Progetto X, un gioco che pian piano sta prendendo forma su una
ambientazione mooolto inusuale... che non posso svelare pena il vedermela
soffiare da qualcun altro molto più veloce di me nel realizzare giochi! :-P
Sogni nel cassetto… a parte il vivere come game designer intendi ?? J Mi piacerebbe riuscire a pubblicare altri
giochi, di quelli che piacciono a me! Vedremo se ne avremo le opportunità… in
ogni caso progettare giochi è comunque una cosa che mi appassiona e mi
gratifica, al di la della pubblicazione finale o meno.
Grazie mille Marco della disponibilità, un caro saluto dal team di Idee Ludiche e in bocca al lupo per il tuo sogno (condiviso da molti direi!) di vivere una vita da Game Designer! :)
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