1. Ciao Silvano, benvenuto sul blog di Idee Ludiche. Dai, raccontaci
un po' di te: cosa fai nella vita e come sei diventato game designer?
Ciao Francesco, è sempre un piacere sentirti! Sono un autore di giochi barese quarantenne, anche se di giorno lavoro come sviluppatore software – che peraltro è un mestiere abbastanza comune per un game designer, per motivi sui quali prima o poi dovremmo indagare.
Invento giochi da sempre, e ho iniziato da piccolo “ricostruendo” i regolamenti di giochi che magari avevo visto a casa di amici, o dei quali avevo perfino visto solo la pubblicità su un giornalino...
Ho tanti ricordi sparsi di ciò che ha alimentato il mio interesse per i giochi fin da bambino: il libro “il Centogiochi” di Pierre Berloquin con il suo capitolo sugli Scacchi Eterodossi (spiega a un bambino che puoi inventare nuovi pezzi degli scacchi e lo renderai subito un game designer); i libri con gli enigmi di Martin Gardner; il gioco da tavolo “Aaargh!” allegato a un numero di “Scienza e Vita” del 1982; il Commodore Vic 20; il primo librogame di Lupo Solitario...
Tutto questo ha impiantato in me fin da piccolo un semplice concetto: i giochi sono ovunque, e sono per tutti.
Se però vuoi sapere come sono diventato un game designer di professione, è tutto merito della rivista GiocAreA, apparsa magicamente in edicola nel 1998. Proprio in quel periodo stavo iniziando a sviluppare qualche idea di gioco un po’ più evoluta, e mi sono ritrovato catapultato in questo mondo di giochi nuovi, avente come apripista i Coloni di Katan (sì, aveva la “K” all’epoca).
Ho subito deciso di voler fare parte del mondo di GiocAreA, e ho mandato un gioco e qualche articolo di prova ai miei primi due mentori: Domenico Di Giorgio e Andrea Angiolino, che curavano la rivista.
Il mio primo gioco pubblicato è stato dunque “Mindball”, sul numero 10 di GiocAreA. Per i curiosi, basta Google e un minuto per recuperarne una versione stampabile.
2. Ti ho conosciuto la prima volta circa 10 anni fa, quando ero un aspirante autore e tu avevi già pubblicato alcuni giochi e collaboravi con la dV Giochi (che allora si chiamava daVinci Editrice). Per me eri quasi un mito... e anche un martire, perché avevi la pazienza di commentare tutte le mie proposte di giochi di carte che vi sottoponevo. Dove trovavi il tempo? Valuti ancora le idee per la dV Giochi o fai altro?
Una premessa: daVinci Editrice – ora dV Giochi – è a sua volta nata da un gruppo di giocatori nato grazie a GiocAreA, quindi se ho avuto la fortuna di diventarne uno dei nove soci fondatori originali è stato ancora grazie a quella salvifica rivista, nonché grazie alla sfrontatezza con la quale mi sono presentato al cospetto dei suoi redattori.
Ti ringrazio per il complimento: “mito” è esagerato e “martire” del tutto fuori luogo – nel mio piccolo mi è sempre piaciuto cercare di dare qualche consiglio utile a chi volesse entrare in questo mondo.
Inoltre ogni regolamento che si legge è sempre formativo, in un modo o nell’altro; se è buono ti sprona a cercare idee altrettanto valide, se è meno buono ti fa riflettere su quali siano i problemi da risolvere in fase di ideazione. Il tempo lo trovavo allora come lo trovo adesso: dormendo molto poco.
Non faccio più il co-editor per dV Giochi, anche se collaboro con la giuria del Gioco Inedito, il concorso gratuito per autori di giochi organizzato ogni anno da dV Giochi e Lucca Comics & Games.
3. A proposito della dV Giochi, mi sembra che negli ultimi anni questo editore si sia concentrato molto sulle localizzazioni. A parte i giochi della linea Bang e il Gioco inedito di Lucca Comics & Games, non mi sembra ci sia molto spazio per giochi di autori italiani. Cosa ne pensi? Puoi confermare questa sensazione?
Ciao Francesco, è sempre un piacere sentirti! Sono un autore di giochi barese quarantenne, anche se di giorno lavoro come sviluppatore software – che peraltro è un mestiere abbastanza comune per un game designer, per motivi sui quali prima o poi dovremmo indagare.
Invento giochi da sempre, e ho iniziato da piccolo “ricostruendo” i regolamenti di giochi che magari avevo visto a casa di amici, o dei quali avevo perfino visto solo la pubblicità su un giornalino...
Ho tanti ricordi sparsi di ciò che ha alimentato il mio interesse per i giochi fin da bambino: il libro “il Centogiochi” di Pierre Berloquin con il suo capitolo sugli Scacchi Eterodossi (spiega a un bambino che puoi inventare nuovi pezzi degli scacchi e lo renderai subito un game designer); i libri con gli enigmi di Martin Gardner; il gioco da tavolo “Aaargh!” allegato a un numero di “Scienza e Vita” del 1982; il Commodore Vic 20; il primo librogame di Lupo Solitario...
Tutto questo ha impiantato in me fin da piccolo un semplice concetto: i giochi sono ovunque, e sono per tutti.
Se però vuoi sapere come sono diventato un game designer di professione, è tutto merito della rivista GiocAreA, apparsa magicamente in edicola nel 1998. Proprio in quel periodo stavo iniziando a sviluppare qualche idea di gioco un po’ più evoluta, e mi sono ritrovato catapultato in questo mondo di giochi nuovi, avente come apripista i Coloni di Katan (sì, aveva la “K” all’epoca).
Ho subito deciso di voler fare parte del mondo di GiocAreA, e ho mandato un gioco e qualche articolo di prova ai miei primi due mentori: Domenico Di Giorgio e Andrea Angiolino, che curavano la rivista.
Il mio primo gioco pubblicato è stato dunque “Mindball”, sul numero 10 di GiocAreA. Per i curiosi, basta Google e un minuto per recuperarne una versione stampabile.
2. Ti ho conosciuto la prima volta circa 10 anni fa, quando ero un aspirante autore e tu avevi già pubblicato alcuni giochi e collaboravi con la dV Giochi (che allora si chiamava daVinci Editrice). Per me eri quasi un mito... e anche un martire, perché avevi la pazienza di commentare tutte le mie proposte di giochi di carte che vi sottoponevo. Dove trovavi il tempo? Valuti ancora le idee per la dV Giochi o fai altro?
Una premessa: daVinci Editrice – ora dV Giochi – è a sua volta nata da un gruppo di giocatori nato grazie a GiocAreA, quindi se ho avuto la fortuna di diventarne uno dei nove soci fondatori originali è stato ancora grazie a quella salvifica rivista, nonché grazie alla sfrontatezza con la quale mi sono presentato al cospetto dei suoi redattori.
Ti ringrazio per il complimento: “mito” è esagerato e “martire” del tutto fuori luogo – nel mio piccolo mi è sempre piaciuto cercare di dare qualche consiglio utile a chi volesse entrare in questo mondo.
Inoltre ogni regolamento che si legge è sempre formativo, in un modo o nell’altro; se è buono ti sprona a cercare idee altrettanto valide, se è meno buono ti fa riflettere su quali siano i problemi da risolvere in fase di ideazione. Il tempo lo trovavo allora come lo trovo adesso: dormendo molto poco.
Non faccio più il co-editor per dV Giochi, anche se collaboro con la giuria del Gioco Inedito, il concorso gratuito per autori di giochi organizzato ogni anno da dV Giochi e Lucca Comics & Games.
3. A proposito della dV Giochi, mi sembra che negli ultimi anni questo editore si sia concentrato molto sulle localizzazioni. A parte i giochi della linea Bang e il Gioco inedito di Lucca Comics & Games, non mi sembra ci sia molto spazio per giochi di autori italiani. Cosa ne pensi? Puoi confermare questa sensazione?
E continuano a uscire espansioni e spin-off di BANG! – dello “Sceriffo” Emiliano Sciarra – e di Lupus in Tabula – di Domenico Di Giorgio, civitavecchiese come lo Sciarra.
E’ vero che recentemente abbiamo spesso pubblicato edizioni italiane di giochi stranieri, da Bruges a Patchistory a Spyfall... ma solo perché non possiamo pubblicare edizioni italiane di giochi italiani, se mi concedi il ragionamento per assurdo. Quindi la scelta è fra un numero ristretto di autori italiani che propongono idee nuove, e un numero di giochi già usciti all’estero e bramati dai giocatori italiani.
Però se siete autori italiani e scrivete dei bei giochi, siate certi che ci sarà sempre spazio per voi; lo dimostra il fatto che autori famosi come Paolo Mori o gli Acchittocca hanno mosso i primi passi insieme a noi.
4. Ma rientriamo in tema e parliamo di te: quali giochi hai sviluppato e a quale sei più affezionato?
Nel corso degli anni ho pubblicato giochi in vari modi, dai “giochi bonsai” su una sola carta, a quelli apparsi su riviste di ogni dove (da Spielbox in Germania, a Gamelink in Giappone, più tante riviste italiane), a quelli stampati su calendari, gadget e bustine di zucchero (è una lunga storia).
I giochi apparsi in una scatola vera e propria si contano sulle dita di una mano: Ostrakon (2004), Dancing Dice (2004), Adlungland (2010), QuizChef (2013) e Globetrotter (2014).
Ostrakon è il primo gioco che abbia visto col mio nome sulla scatola, e il suo sistema di punteggio è fra le idee migliori che mi siano mai venute, quindi è tuttora il mio figlioletto preferito. Sarebbe bello riuscire a tirarne fuori un’edizione più moderna, magari con un titolo e una fase di setup meno ostici.
Poi ovviamente ognuno mi ha dato soddisfazioni in modo diverso: Dancing Dice è il primo gioco “in scatola grossa”, Adlungland il primo venduto all’estero come game designer freelance, QuizChef ora si trova in vendita perfino a Eataly, e Globetrotter è uscito in Giappone e ha esaurito una prima tiratura nel corso di un paio di settimane...
Comunque posso dire con certezza che alcuni dei miei giochi preferiti sono ancora nei miei cassetti, e che ho un sacco di cassetti.
5. A parte i giochi da tavolo, io ti conosco come autore di giochi enigmistici: per alcuni anni, infatti, abbiamo collaborato per la rivista Focus Brain Trainer. Purtroppo questa rivista ha chiuso i battenti, ma vedo che pubblichi ancora enigmi per il suo fratello maggiore Focus, e magari anche altrove. Puoi raccontarci qualcosa di questa tua attività?
Certo! L’attività di autore di enigmi e giochi per riviste ha assorbito - e ancora assorbe - buona parte del mio tempo. Per partire in grande ho pubblicato qualche enigma classico sulla Settimana Enigmistica col mio nickname “il Silvano” (che uso spesso anche in rete e con il quale i più anziani fra i lettori potrebbero aver interagito ai tempi in cui ci si connetteva con un modem a 56k e si parlava sui newsgroup, credo fosse verso la fine dell’Ottocento).
Nel 2006 Corinna Angiolino mi ha contattato attraverso Andrea – sì, se ve lo state chiedendo sono fratelli – e mi ha chiesto se fossi in grado di scrivere degli enigmi gialli illustrati per “Corriere Enigmistica”, che a breve avrebbe pensionato l’investigatore precedente.
Con la mia solita sfrontatezza – che è un tratto che mi contraddistingue solo quando c’è da scrivere un gioco – ho accettato, e con ai disegni Benedetto Gemma (fumettista e illustratore dell’edizione dV Giochi di The Great Persuader) abbiamo dato vita a più di un anno di storie del Commissario Crosby, a cadenza settimanale!
L’esperienza – coincidente peraltro con gli studi universitari – è stata esaltante e sfiancante allo stesso tempo, e mi ha reso consapevole di essere piuttosto bravo in questo lavoro, e di essere in grado di sfornare giochi di ogni genere.
E infatti, proprio giochi di ogni genere sono apparsi poi su Focus Junior, Wired, Brain Trainer, Amico Logico... purtroppo quasi tutte riviste che negli anni hanno chiuso i battenti o le pagine dedicate ai giochi.
Oggi trovate qualcosa di mio solo nelle pagine dei giochi di Focus, e fra tutte rimpiango in particolare Brain Trainer, perché era proprio la rivista che – da solutore – avrei continuato a comprare per tutta la vita.
In ogni caso non demordo, e ogni volta che vedo uno spiraglio provo a proporre una nuova pagina di giochi a qualche rivista; è un lavoro che mi piace molto fare anche se non è affatto semplice – soprattutto quando cerchi di tracciare rotte poco battute.
Mi piacerebbe raccogliere i miei giochi ed enigmi migliori (come gli episodi di Bunny Bond) in un libro, e a dire il vero avrei anche due “librogame” già quasi pronti che dovevano far parte di una serie estiva poi cancellata... quindi uno dei miei progetti per il futuro è tentare la fortuna cercando di sbarcare in libreria.
6. Enigmi vs giochi da tavolo: quali differenze vedi tra questi 2 mondi? Ti piace di più inventare enigmi o giochi da tavolo? Cosa ti ha dato maggiori soddisfazioni? ... e cosa ti darà fama, gloria e ricchezza?
Onestamente li vedo come aspetti dello stesso lavoro: interagisci a distanza con i giocatori esprimendoti con delle regole inventate. Tant’è che adesso sto cercando anche di intraprendere la strada del game design applicato ai videogiochi; ho scritto un piccolo gioco in Puzzlescript (Strata-Gems – chi volesse lo trova qui: http://www.puzzlescript.net/play.html?p=9159444) e ora sto collaborando con due professionisti del settore per completare un gioco per iPad del quale mi sono occupato del solo game design.
E’ un altro mondo con regole tutte sue... e a me piace imparare regole nuove!
Ho avuto grande soddisfazione da ogni tipo di gioco che ho pubblicato, anche se nulla batte vedere qualcuno che si diverte giocando a un tuo gioco da tavolo, in ludoteca o in fiera; ma questo solo perché in genere i giochi su rivista e su iPad ti occupano mentre sei in bagno, e io lì difficilmente potrei assistere.
7. Cambiamo argomento e parliamo di fiere: nell'ultimo weekend di giugno si è svolta a Bari la quarta edizione del BGeek. Essendo tu di Bari, ma avendo partecipato alle altre fiere in Italia e in Germania, cosa pensi degli eventi ludici presenti nel Sud Italia? Ritieni che gli autori del Sud siano svantaggiati rispetto a quelli del Nord, che nelle loro vicinanze hanno più fiere e incontri dedicati come IdeaG?
Ammetto di non avere una grande esperienza di fiere del settore. Vado (quasi) ogni anno a Essen e di tanto in tanto a Lucca, non visito da anni le fiere romane e sono stato una sola volta al Comicon di Napoli...
In compenso, circa vent’anni fa ero parte dell’organizzazione della prima fiera barese dedicata a fumetti e giochi, la mitica Expocomics che i pugliesi in ascolto magari ricorderanno; e dopo tanti anni lo stesso entusiasmo dell’epoca l’ho ritrovato nel BGeek, che è ormai alla sua quarta edizione e migliora in modo esponenziale di anno in anno.
Quest’anno era presente anche un grande stand di dV Giochi, e ho potuto tastare la “sete” dei giocatori baresi, che hanno affollato i tavoli delle demo con un incredibile entusiasmo.
A volte sento dire che ci sono fin troppe fiere in Italia, ma finché ognuna avrà una sua identità, e finché permetterà soprattutto ai più giovani di partecipare a una fiera raggiungibile facilmente, ben vengano altri incontri, soprattutto qui al Sud!
In effetti ci vorrebbe un IDEAG anche qui da noi, e se ne avessi la possibilità la organizzerei anch’io; probabilmente è vero che la maggior presenza non solo di fiere e incontri ma anche di ludoteche e negozi rende un po’ più semplice la vita per gli autori da Roma in su. Ma è un motivo in più per tirarsi su le maniche e cercare di organizzarsi e di unire fra loro i giocatori ovunque ci si trovi.
8. Domanda all'autore Silvano Sorrentino: qual è il tuo modo di sviluppare giochi? Hai qualcosa che ti caratterizza? Dicci anche un tuo punto di forza e un tuo punto debole come autore.
Vedo che, da autore, non mi hai chiesto “come ti vengono le idee” – visto che è la risposta che è impossibile dare, ma “come sviluppi i tuoi giochi”.
Dò per scontato dunque che siamo nella fase in cui ho già avuto una mezza idea – che magari non funziona – e voglio trasformarla in un gioco finito.
A questo punto la formula è semplice: un’idea diventa un gioco con pensiero + memoria + playtest.
Mi spiego meglio: la parte più bella del mestiere di game designer è che puoi fare questo lavoro sempre e non annoiarti mai, ecco cosa intendo per pensiero. Hai abbozzato l’idea di un gioco di UFO che rapiscono mucche? Ogni volta che sono in fila a un semaforo, in attesa al supermercato, o nel letto che non prendo sonno, riapro la mia “cartella mentale” e continuo a lavorarci su.
Qui entra in ballo la memoria: durante questa fase di “lavorazione mentale”, a meno che non sia necessario, non prendo appunti. Se un’idea o una regola sono buone, me le ricorderò anche domani. E se ho un mezzo regolamento scritto tre mesi fa di un gioco che non ha funzionato bene la prima volta, invece di rileggerlo provo a ricostruirlo a memoria; tutte le regole che mi ricordo sono le regole “giuste”, il resto si può buttare e va riscritto.
Infine: i playtest sono ovviamente la parte più importante del processo, il momento dove il gioco passa da essere un’idea astratta e multidimensionale a qualcosa di concreto e fisico che diverta o meno i giocatori.
E’ importante avere un gruppo fidato, grande ed eterogeneo di tester, e che non siano gli amici di sempre.
A Bari ho la fortuna di frequentare una magnifica ludoteca, Finibus Terrae, frequentata da tantissimi ragazzi che – soprattutto nei mesi caldi prima di Essen – sono davvero bravi a “distruggermi” i giochi, dandomi tanti consigli e suggerimenti e non censurandosi per nulla quando qualcosa non li convince.
I playtester sono la risorsa più preziosa! Per quanto riguarda il mio punto di forza come autore, è qualcosa che mi è stata sempre riconosciuta: lavoro molto bene con tanti vincoli, il che è ottimo quando si lavora con degli editori.
Un esempio fra tutti: nel 2004 Lucca Comics & Games mi affidò un compito improbo: scrivere un regolamento di un gioco del quale esisteva già un bellissimo mazzo di carte fantasy, ideato dall’artista Guido Zibordi Marchesi.
(le trovate sul suo sito, alla voce “Carte Giocose”: http://www.guidozibordimarchesi.it/carte/)
Le carte erano piene zeppe di disegni, codici, numeri, colori... e alla fine ho tirato fuori Tuskland, gioco che peraltro continua a piacermi molto anche dopo più di dieci anni, apparso come inserto del calendario ufficiale di Lucca Comics 2004.
Di punti deboli invece ne ho tanti, ma il più grave è che spesso mi invaghisco di belle idee, pur sapendo che non potrebbero mai diventare un gioco pubblicato, quindi perdo molto tempo a sviluppare giochi solo per me stesso. E’ l’errore tipico degli autori alle prime armi, ma io me lo sono portato dietro per vent’anni; solo adesso sto iniziando finalmente a capire che purtroppo non avrò mai il tempo di finire tutti i giochi nel mio quaderno delle idee, e che devo concentrami su quelli che hanno più possibilità di finire in una scatola.
A questo proposito, ho trovato un ottimo modo per capire se un gioco è pronto per la pubblicazione o meno. Basta chiedersi: “ma io lo comprerei?”. Se la risposta è “forse”, e tu sei l’autore, allora è inutile perderci tempo!
9. Domanda al giocatore Silvano Sorrentino: che tipo di giocatore sei? Quali sono i tuoi giochi preferiti?
Potenzialmente sono un giocatore onnivoro, e mi piace giocare a tutto, dai gioconi con manuali più lunghi di una tesina a giochi per bambini, dai videogiochi ai giochi di ruolo.
I miei tre autori preferiti di sempre sono:
- Sid Sackson: che è il mio modello ideale di autore perché ha scritto tanti giochi che *sembrano* semplici ma che hanno evidentemente un mucchio di lavoro alle spalle, e tutti molto diversi fra loro!
- Reiner Knizia: un po’ il Bach dei giochi da tavolo, mescola l’arte e la perfezione della matematica.
- Stefan Feld: le sue “insalate di punti” non mi saziano mai.
Nota che abilmente ho tirato fuori tre nomi stranieri per non dover scegliere fra i tanti autori italiani, visto che ci conosciamo un po’ tutti; ma mettimi sul tavolo un nuovo gioco di Paolo Mori, Spartaco Albertarelli o Andrea Angiolino e di certo avrai il mio interesse. E magari convinci Emiliano Sciarra a tirar fuori un altro titolo, che ho consumato le mie copie di BANG! e Samurai Sword!
In ogni caso, a parte i miei gusti personali, di volta in volta mi adatto ai giocatori, e quindi di recente mi ritrovo molto più spesso a giocare ai cosiddetti “casual game”, che si spiegano e si giocano in pochi minuti.
10. Per finire, la classica domanda: progetti per il futuro?
Semplice: pubblicare altri giochi da tavolo! Ho diversi prototipi in giro per il mondo, e su molti sono piuttosto fiducioso, perché ho davvero l’impressione che le idee migliori stiano iniziando a venirmi solo adesso, dopo tanti anni di esperienza e di studio. Fate spazio sui vostri scaffali, io sto arrivando!
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