Roberto Mascetti, un giovane autore di giochi milanese, si racconta in questa intervista spiegandoci come è entrato in questo mondo e perché preferisca percorrere la via dell’autoproduzione piuttosto che l’essere prodotto! Un punto di vista interessante che vale la pena di essere approfondito!
Ciao Roberto, per
rompere il ghiaccio parlaci un po’di te!
Per prima
cosa grazie Massimiliano per l’intervista. Sono nato e vivo nel milanese a
pochi passi dal fiume Ticino, ho nella tasca destra un diploma in perito
chimico industriale e nella sinistra una laurea in storia contemporanea, due
vie all’apparenza distanti che mi hanno però costruito una mentalità
particolare, attenta alla tecnica e alle scienze e vicina all’umano. Inventare
giochi è sempre stata una grande passione, trascurata dopo l’abbandono delle
secche dell’infanzia e dell’adolescenza. Non posso definirmi a pieno titolo un
gamers, nel senso che una volta uscito dal tunnel della dipendenza da Magic,
per merito degli studi universitari che mi hanno mangiato pezzo a pezzo tutto
il tempo a disposizione, non ho giocato molto, se non ad alcuni titoli a me
cari come Axis and Allies e il card game cooperativo del Signore degli Anelli.
Ho abbandonato del tutto ciò che tutt’ora rimangono i miei giochi preferiti
ovvero i Role Game frequentati in passato sia come giocatore (Chtulu, Cyber
Punk, Advanced, Katakumbas, I cavalieri del Tempio, Stormbringer) sia come
Master (Girsa).
Come mai hai deciso di
iniziare l’avventura della creazione dei giochi?
Questa
avventura è nata un anno fa, quando ero disoccupato full time, è nata per caso
se vogliamo. Mi gingillavo un pomeriggio di ottobre non ancora del tutto
ristrutturato dopo la terribile fatica della tesi di laurea, con le navette di
Axis and Allies della scatola Guadalcanal. Mi venne da pensare che ero stufo di
cambiare e modificare le regole di vecchi giochi residuati dell’infanzia
(Hotel, Il tesoro degli Inca, Scotland Yard) per renderli più complessi o più
lineari a seconda del caso o di inventare intere ed inutili serie di Magic.
Tutto ebbe
inizio in quel momento. Così in poche ore nacque il mio primo board game: Real Navy. Nacque su pezzetti di carta che via
via sono divenuti qualcosa di più. Al solito insomma! Solo che non avevo ancora
la minima idea di come lavori un creatore di giochi. Era un qualcosa che mi
usciva naturale e nulla di più. Da allora ho lasciato libero sfogo alla
fantasia. È stata una costruzione a tentoni, mattone dopo mattone per alcuni
mesi sino al gennaio 2013 quando ho
partecipato con un american game di miniature ad IdeaG.
Un’esperienza fantastica in cui mi sono reso conto che il mio gioco faceva
schifo, che non aveva ne capo ne coda e che il mondo dei board game era un
qualcosa a me davvero alieno. Allora ho fatto ciò che ero abituato da anni
a fare, ho studiato. Ho
iniziato a leggere e studiare BGG imparando e impadronendomi delle meccaniche
dei giochi, ho imparato e assorbito come una spugna ogni cosa che potevo
apprendere dai forum di autori, dalle interviste, dai libri, poi ho conosciuto Angelo Porazzi. Gli telefonai un pomeriggio di
febbraio, mentre mi domandavo ancora cosa fare del gioco portato ad IdeaG nel
frattempo cambiato, limato, smantellato e rifatto fino a renderlo qualcosa con
un suo senso. Conobbi allora “Area Autoproduzione” e la possibilità di portare
le mie creazioni nelle fiere. In Angelo ho trovato un consigliere e un maestro
oltre che un grande creatore di opportunità, che chiaramente occorre cogliere
con passione e impegno almeno quanto ne mette da tanti anni Angelo stesso. Mi
iscrissi a Ludica Milano 2013
con entusiasmo e una volta pagata la retta realizzai che non avevo in fondo
nulla da portare. Già! Real Navy
era ancora nel bacino di cantiere poiché la realizzazione della prima versione
per ogni singola copia è un qualcosa di lungo, lunghissimo… difetto causato
dall’inesperienza di allora, tanto che il gioco è ora in una fase di restyling
per renderlo abbordabile nell’autoproduzione. La necessità aguzza l’ingegno.
Per Ludica creai così TIEN e Murigio, il primo già producibile il secondo
allora in fase di prototipo. Due giochi che ormai porto nelle fiere da mesi e
che riscuotono sempre successo. Da allora è stato un susseguirsi di fiere,
contatti, consigli, ed idee che hanno reso questa passione già qualcosa di più
di un hobby.
Da cosa è dipesa la
scelta di autoprodurti?
E’ passato
un anno da quando rigiravo nelle mani in un sonnolento pomeriggio una portaerei
di plastica e all’attivo ho una quindicina di fiere e dodici giochi inventati,
quattro autoprodotti e acquistabili e gli altri in diverse fasi di lavorazione,
un periodo rutilante e sfiancante che però mi ha fatto capire molte cose. Ad
esempio che la semplice invenzione del regolamento e la realizzazione
di un prototipo sono qualcosa che mi piace davvero molto ma che non mi
soddisfano appieno. Ho trovato un grande piacere invece in qualcosa che non mi
aspettavo: la realizzazione pratica del gioco, la scelta dei materiali, l’idea
di conchiudere un mondo in una confezione, lo scontro a muso duro con i prezzi
di produzione, il rapporto con i fornitori e con il pubblico. Trovo la pura
invenzione del gioco un qualcosa di limitante per questo ho deciso per
l’autoproduzione, per poter partire dall’idea ed arrivare al prodotto passando
per tutte le fasi intermedie, un lavoro che seppure comporta molta fatica non
potrei gustare se mi limitassi ad inviare i regolamenti alle case editrici. Ho inoltre la necessità di dedicarmi
a molti progetti contemporaneamente, curandoli tutti, dando ad ognuno il suo
tempo, portare avanti un unico gioco magari per un intero anno in fase di
prototipo è un qualcosa che mi annoierebbe non poco. Non ne avverto neppure la
necessità, dato che finora, per precisa scelta, non ho sviluppato giochi da
Gamers puri, ho cercato di costruire giochi per tutti, giochi per gli italiani
insomma. Giochi semplici ed apprendibili da chiunque nelle loro meccaniche,
curandone l’ambientazione e cercando di creare un qualcosa che ricordi
esperienze già vissute. È il caso ad esempio di Tesori nella Giungla,
creato in maggio per La Spezia Game, che altro non è che un gioco dell’oca con
una infinita variabilità di gioco. In questo la mia formazione da una parte
tecnica dall’altra umanistica ho scoperto essermi utilissima. Dedico moltissimo
tempo a questa attività anche se ora sono solo disoccupato part time e non più
a tempo pieno, ma finirò questo anno con un altro gioco nel mio piccolo
catalogo personale e con tantissime nuove esperienze.
Ho la
fortuna di avere una compagna che ha creduto moltissimo in questo mio folle
progetto di diventare game designer e che mi da una preziosa mano soprattutto
per il fatto che è in grado di fare ciò che io non so fare per nulla, ovvero la
parte grafica dei progetti. Gioco, grafica, scelta dei materiali, nascono e si
sviluppano lungo binari paralleli e comunicanti con continue interazioni, cosa
che velocizza il processo e evita fraintendimenti e sfasature tra tutte le
componenti di un progetto. Real Navy |
Non seguo un percorso specifico durante la creazione dei miei giochi, alcuni prendono vita da un concetto generale, come il Murigiö: una situazione in cui un giocatore da la caccia ad un altro giocatore e che ha ricevuto poi una precisa ambientazione, gatto contro topo. Altri giochi nascono partendo da quella che è la fine, ovvero dalla confezione, come il Tien, un gioco piccolo e rapido contenuto in un sacchettino altrettanto piccolo e rapido. Altri ancora nascono da una necessità intellettuale come alcuni giochi didattico-educativi che sto sviluppando inerenti ai miei studi storici. Di tutto un po’ insomma.
Progetti futuri?
I miei
progetti futuri riguardano come sempre molti fronti, per l’anno venturo mi
dedicherò con molto impegno per inaugurare nel mio catalogo una linea di giochi
per bambini in età scolare proprio inerenti alla storia, giochi didattici che
riescano pur nella piacevolezza del giocare a far capire certe dinamiche
storiche accuratamente ricostruite. Questa è infatti un po’ una mia fissazione,
esistono tantissimi giochi di ambientazione storica, gestionali etc. ma
moltissimi di essi, pur avendo magari dinamiche e meccaniche brillanti, di
storico hanno in realtà poco o nulla. Le ambientazioni sono spesso solo degli
incipit, mentre personalmente sono convinto che, per raggiungere una certa
armonia anche l’ambientazione debba essere curata nel dettaglio.
Ho anche
sviluppato quello che spero possa divenire il mio primo gioco stampato in
off-set, un progetto di gioco di carte non collezionabili con ambientazione una
delle mie grandi passioni: le arti marziali. In questo dicembre invece metterò in produzione (in poche copie) un gioco da tavolo che vedrà dei piccoli vampiri come protagonisti.
Puntare su molti giochi piuttosto che su molte scatole è stata una mia precisa scelta. Produrre un unico gioco in 1000 copie o più, a mio parere, è una strada ottima per chi inventa il gioco della vita e una strada obbligata per una casa editrice tradizionale, ma non è a me confacente. Mi piace poter illustrare alle persone una maggior quantità di giochi e poter chiedere al giocatore: “Che giochi ti piacciono”, ed indirizzarlo ad uno dei mie giochi. Non mi sento di consigliare in assoluto la via dell’autoproduzione, benché io stesso l’abbia intrapresa anche come scrittore di romanzi e racconti dopo un’esperienza editoriale tradizionale, perché è irta di ostacoli e fatica, se una persona non è portata ad un minimo di lavoro manuale o ad affrontare difficoltà nel produrre un gioco. Esistono però giochi che non sono abbordabili in autoproduzione e ne ho un paio nel cassetto, in futuro vedrò di proporli. :)
Grazie Roberto per aver
condiviso con noi il tuo punto di vista riguardo la creazione di giochi,
speriamo che il tuo approccio inusuale sia la giusta strada da seguire per
ottenere un meritato successo!
Max_T
Anche io sono impegnato da alcuni anni nella realizzazione di un gioco e non posso non immedesimarmi nei panni di Roberto specie per quanto riguarda il far fronte all'inesperienza e ai continui restailing.
RispondiEliminaSono felice che sia riuscito a realizzare e distribuire alcune sue realizzazioni, non posso che fargli i miei più sentiti auguri.
Peccato non fosse stato presente già a Ludica 2012, magari ci si conosceva, anche io ero là con il simpaticissimo Angelo .