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venerdì 12 dicembre 2014

PER MOLTI MA NON PER TUTTI: CALIGULA


Lo ammetto, ho un debole per i giochi con ambientazione storica.

Questo dipende probabilmente dal fatto che fin dai tempi della scuola mi è sempre piaciuto studiare questa materia… l’Impero Romano poi è sempre stato il mio preferito (tanto per dire ho anche un tatuaggio di un pretoriano sulla spalla destra - che tamarro, eh! -), immaginate quindi la mia soddisfazione quando sono riuscito a procurarmi una copia di Caligula!
La prima partita ho avuto la fortuna di giocarla con al tavolo il suo editore, Mario Sacchi - ormai lo sapete che frequentiamo la stessa ludoteca, la Galliatese - che durante il match me ne ha illustrato pregi e difetti.
Caligula è un gioco che genera pareri discordanti, i giocatori si dividono tra chi lo ama e chi lo teme (principalmente per l’impegno che richiede per essere giocato a dovere).
Io lo apprezzo molto, ma so che altri non la pensano come me, quindi per far chiarezza mi sono deciso a chiedere a Caligula stesso di parlarci di lui.
E l’Imperatore, nella sua grande magnanimità, mi ha risposto così:

 

Salve,
il mio nome è CALIGULA e sono un card game bello tosto.
Non vorrei apparire arrogante (non lo sono affatto) ma fate attenzione, non è semplice giocarmi la prima volta, bisogna essere dei tipi scafati, gente che non ha paura di stringere alleanze con gli avversari per poi pugnalarli alle spalle senza pietà. Per giocarmi come si deve e uscire vincitori dovrete abilmente mischiare azzardo, calcolo e diplomazia, ma soprattutto non dovrà mancare una solida strategia di pianificazione per ottenere le carte migliori da giocare.
Pierluca Zizzi, il mio designer, mi ha ambientato nella spietata e corrotta Roma del 41 DC, cosa che non posso che definire azzeccatissima! 
Dovrete giocarmi con lo scopo di influenzare i vari settori della vita pubblica romana per ottenere più punti vittoria a fine partita ed essere incoronati vincitore.
Il mio meccanismo di gioco è tutto sommato semplice, ve lo illustro brevemente:
il turno è costituito in primis da una fase di piazzamento sulle carte "civitas" (plebe, legionari, senatori, tribuni e pretoriani). Durante questa fase ogni giocatore (da 2 a 5) posizionerà i suoi gettoni influenza (costituiti inizialmente da un pool di sei gettoni "S.P.Q.R." con valore da -1 a 4 che potranno essere integrati con l’acquisizione anche di altri di valore 5 e 6 andando avanti nel gioco) sulle carte "civitas" scoperte (2 per tipo ogni turno).
Le carte "civitas" rappresentano vantaggi che i giocatori possono acquisire o svantaggi che, ovviamente, cercheranno di evitare. Tutto questo avviene “al buio”, ogni giocatore infatti pone un gettone coperto per volta su ogni carta, i gettoni si scopriranno solo quando arriverà il momento di applicare gli effetti di ognuna delle carte "civitas".
L'ordine nel quale si risolvono le carte "civitas" è dettato dalle 6 carte "Sequentia" posizionate in maniera casuale all'inizio del gioco e risolte sempre da sinistra verso destra. Alla fine di ciascuna fase definita dalle carte "Sequentia" ci sarà una fase di congiura, il vero cuore del gioco, in cui i giocatori stringeranno alleanze per spodestare o difendere l'imperatore in carica (alleanze che poi, a seconda delle proprie strategie, non si è tenuti a rispettare! Anzi, il bello è proprio convincere gli altri giocatori a seguirti in una congiura per poi cambiare obiettivo e lasciarli con un palmo di naso, muhuhuhahaha!... ehm, scusate...).
Se la congiura riesce i congiurati riceveranno immediatamente una ricompensa in punti congiura e punti vittoria dal nuovo imperatore. Durante ogni turno può essere destituito un solo imperatore e quello entrante, alla fine del turno, premierà nuovamente coloro che gli hanno permesso di salire al trono.
Molto importante è l’acquisizione di carte pugio e coniura, grazie alle quali si ha la possibilità di essere a capo delle varie congiure che verranno ordite, e conseguentemente di accaparrarsi copiosi punti vittoria a scapito degli avversari.
Come spero abbiate capito sono un gioco di grande profondità ed interazione. Praticamente un board game travestito da card game, nel senso che giocandomi non avete una vera e propria mano da gestire come in un card game puro, bensì acquisite le due tipologie di carte grazie al piazzamento dei gettoni “S.P.Q.R.”.
Ma purtroppo alcuni giocatori non mi percepiscano come tale… sarà per la scatola di dimensioni ridotte (mi rendo conto che, come ricorda spesso anche il mio editore Mario Sacchi di Post Scriptum, nel mondo dei giochi da tavola le dimensioni contano), sarà per la mancanza di plance, plancette e cubetti che riempiono le mani ai giocatori, sarà per quel che volete, ma sapete una cosa?
Io mi piaccio così!
Essenziale nei contenuti, con una veste grafica accattivante, ottimamente illustrato e ben ambientato… prendendo in prestito un fortunato slogan pubblicitario di qualche anno fa, nonché titolo di questa rubrica, mi definisco con orgoglio: un gioco per molti ma non per tutti!
Ah, non vi ho detto che nel 2009 ho ottenuto la nomination per il Best of Show di Lucca C&G, anno in cui vinsero titoli del calibro di Ad Astra (Faidutti/Laget) per quanto riguarda i board games e Dominion (Vaccarino) per i card games… quindi un ottimo risultato direi :)
Ora che sapete tutto di me non vi resta che sedervi al tavolo e provarmi (meglio se siete più di 2 giocatori, dai 3 in su rendo sicuramente di più!), se vi piacciono i giochi di diplomazia e bluff dedicatemi un’oretta della vostra serata e vedrete che non vi deluderò!
 

Cordialmente,
 

Caligula

martedì 9 dicembre 2014

FANTAENIGMI: LA COPPIA INTRUSA (dicembre '14)


 
Ciao Max,
questa volta non ho fatto nessun sogno strano, meno male!
L'altro giorno, però, mi si è presentato un piccolo problema: in una vecchia directory del mio PC ho ritrovato un file excel in cui sulla prima colonna erano riportati 10 titoli di giochi, mentre nella seconda comparivano 10 numeri.
Ero sicuro che ci fosse un legame tra queste 2 colonne, ma nel file era tutto un po' confuso, perché i titoli erano scritti in ordine alfabetico e i numeri in ordine crescente. Cavoli, non mi ricordavo quale fosse la relazione tra i titoli e i numeri.
A complicare ulteriormente la cosa, il file si chiamava "La coppia intrusa": evidentemente, tra le 10 associazioni presenti nel file, ce n'era una sbagliata!
Sapresti aiutarmi ad associare i numeri ai titoli dei giochi, tenendo presente però che un titolo e un numero resteranno spaiati?
Questo è l'elenco:



Dai, se non ce la fai, chiedi aiuto ai tuoi amici. Questa volta, però, chiedi loro di non andare l'uno contro l'altro, ma di collaborare. Per incentivarli potresti regalare 1 punto a chi troverà la prima coppia, 2 punti per la seconda e così via con le successive fino ad assegnarne 10 per l'ultima (compresa quindi quella intrusa!), per un totale di 55 punti a disposizione! :)
 
Fantavir
 
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Partecipate numerosi, divertitevi a trovare la soluzione con i vostri amici e soprattutto ricordate che questo FantaEnigma è un collaborativo!
Se pensate di non poter più vincere perché qualcuno ha già dato chessò, 6 risposte, non datevi per vinti, infatti se anche indovinaste “solo” le ultime 4 coppie rimaste fareste comunque 34 punti e battereste chi ha trovato le prime 6 (21 punti)!
Quindi anche questa volta il suggerimento è: non abbiate fretta!
La soluzione arriverà puntuale lunedì 15, ed ora in bocca al lupo e che vinca il migliore! :)

Max_T
 
 




 

venerdì 5 dicembre 2014

"MIO CARO MAX... LAS VEGAS, UN'ESPEVIENZA POST MODEVNA CHE HA SEGNATO L'AVTE LUDICA DEL TEVZO MILLENNIO"


 
Philippe Daverio illuminaci tu! :)
Psss, Max..! Vieni un attimo qui.
Senti.... No, no ti volevo chiedere una cosa al volo, poi riprendiamo.
Sì, sììì, tutto bene, tutto bene.
Ti volevo solo chiedere: ma la rubrica sulla musica come va? Funziona? La gente è interessata? O non s’interessa? Il fatto è che per me è importante conciliare più visioni creative, mi sembra essenziale…
E’ sempre il solito discorso, Max. Cerco di dire a chi legge il blog che fare giochi e usufruirne è l’equivalente di fare musica e andare ai concerti, girare un film e andare al cinema, dipingere e scolpire e andare ai musei. E’ facile per noi, meno per tutti quelli che ci stanno intorno. Ma credo che debba venire dal giocatore e dall’autore, e dal blogger, insomma, da tutti quelli che girano nel nostro mondo… dicevo, deve venire da noi la diffusione di questo concetto.
Che l’esperienza ludica è artigianato, è arte, è emozione.
Ma come noi abbiamo piacere a nutrirci di tutto questo, dovremmo anche avere piacere a “spaziare” verso altri mondi creativi.
Insomma, è una forma di “do ut des”. Se ti chiudi a fare giochi, non crei quel circolo virtuoso fra esperienze creative diverse. Fra diversi modi di usufruire delle arti.
Perché un regista, uno stilista, un produttore di elettronica, dovrebbero affacciarsi al mondo del gioco, se non c’è “stima” da parte di chi invece ne usufruisce?
Non so se ti è chiaro.
Il problema del gioco da tavolo è che mi pare sempre un po’ “bigotto”, in senso lato. Si fa fatica a includere certe tematiche, a favore di certi innocui background fantastici e distaccati dalla realtà. Nel videogioco non è più così, nel fumetto nemmeno. Anche quando si “gioca” all’interno di un ambiente reale, nel quale si potrebbero toccare argomenti difficili e controversi, si cade nell’astrattismo.
 
Vedi questo gioco Max? Invece questo gioco è un esempio molto interessante. Perché, paradossalmente, con un po’ di fantasia, si può ritenere come un involontario primo passo, dalla semplice esperienza di gioco divertente ma fine a sé stessa, alla diffusione di un concetto.
Max, questo gioco, non è un gioco astratto.
E’ un gioco concettuale.
Con LAS VEGAS facciamo un salto nel futuro e torniamo nel 2012, anno della sua nomination allo Spiel Des Jahres, ottenuto poi dal controverso Kingdom Builder.
Ci facciamo una partita Max?
Ogni giocatore ha un pool di 8 dadi colorati che rappresentano la sete d’azzardo del giocatore/usufruitore del prodotto ludico. Il giocatore è invitato dall’autore a mettere da parte la sua razionalità per caricarsi di impeto e ὕβϱις.
Il protagonista della narrazione/esperienza ludica dovrà spegnere la sua sete di ricchezza recandosi in 6 Casinò, ognuno di essi differente Tòpos del mondo dell’azzardo. Richiamano i tipici luoghi della città americana, con illustrazioni volutamente khitch e inquietanti. Il casinò è sia Locus Amoenus che Locus Horridus per l’usufruitore dell’opera.
Scopo del giocatore è ottenere il montepremi più alto all’interno di ogni casinò. L’autore, Rüdiger Dorn, non è riuscito ad “astrarre” il concetto dell’avidità, se non con il dollaro, emblema della ricchezza coatta.
Il gioco si divide in 4 Round (perché non è stato un numero di Round equivalente ai giocatori? Suppongo che l’autore volesse simbolizzare la “circolarità” della drammatica esperienza della dipendenza da gioco d’azzardo, proprio come le 4 stagioni, o le 4 fasi lunari).
Il primo giocatore del round ottiene la carta primo giocatore. In figura troviamo alcuni personaggi tipici dell’ambiente del gioco d’azzardo: un uomo in camicia bianca e capelli impomatati, accanto a una ragazza che abbraccia i soldi vinti, accecata dalla vana speranza di aumentare quel gruzzolo, tenuto ben stretto. Un piccolo quadro dentro un’opera artistica tout court. Quasi come al cinema.
Il giocatore di turno deve tirare il suo pool di dadi, scegliere un valore fra quelli ottenuti, e posizionare tutti i dadi con quel valore nel casinò corrispondente. Del resto, quando entri nel “tunnel” del gioco d’azzardo, metti tutto te stesso (e tutti i tuoi averi) per rendere onore al Dio Denaro.
Così a giro, fino a quando sono stati posizionati tutti i dadi. A quel punto si verifica la maggioranza per ogni casinò, e i giocatori ottengono il montepremi corrispondente.
Quindi il giocatore è davanti a una scelta importante ad ogni turno: scegliere di porre pochi dadi per trattenere (o meglio, per ritardare) la propria sete di azzardo, o giocare il tutto e per tutto per assicurarsi la vittoria su un casinò, rischiando di rimanere completamente invischiati nella morsa delle slot machine, delle roulette e dei black jack?
E non è tutto. Se all’interno di un casinò sono presenti lo stesso numero di dadi di colori diversi, quei dadi vengono annullati. Cosa rappresenta questa scelta artistica? Rappresenta la totale sconfitta al gioco, la perdita degli averi, le vendette dei creditori. Un finale drammatico e desolante.
Quando giochi a Las Vegas, si sentono i rumori assordanti delle monete e delle fishes, le musiche di Tom Jones, le luci stroboscopiche e al neon. Il tutto con solo un gruzzolo di dadi e delle carte.
I giocatori al tavolo entrano in competizione, si dimenano, s’insultano, patiscono la sfortuna ed esultano. Poi però, alla fine dell’esperienza ludica, escono dal personaggio che hanno involontariamente interpretato, e rivalutano l’esperienza vissuta con occhio distaccato e preoccupato, come se avessero colto il messaggio drammatico che Las Vegas voleva trasmettere.
Quindi questo, Max, non è un semplice gioco astratto. C’è un messaggio, un messaggio profondo, controverso.
Vero Max? No? Forse no. Però è bello pensare che ci sia, e che non è solo un’opera d’ingegno fine a sé stessa, un divertissement per mettere in pratica un uso innovativo delle meccaniche di maggioranza.
In ogni caso, a me Las Vegas diverte di molto, che mentre gioco, riproduco il suono dei Pachinko e muovo il braccio come a tirare impulsivamente una leva da slot machine.
Qualche giorno fa, c’era St. Vincent, quella del primo articolo di “And Benedetto Plays”, a Milano, che però mi sono perso, sconfitto dai malanni autunnali e dalla pioggia incessante. Molto triste. Difficile conciliare tutte le passioni.
Ma chi se ne frega Max! Ci facciamo una partita?

Cordialmente,


Benedetto.

lunedì 1 dicembre 2014

WE WERE BROTHERS, L'INNOVATIVO “CROSS-OVER WARGAME” DI WBS


We Build Smiles vi ricorda qualcosa?
Bravi, WBS, la casa editrice Romana famosa per quel piccolo capolavoro che risponde al nome di Legend, la storia della millemiglia. Dal suo debutto a oggi WBS ha diversificato molto la sua produzione, ed il suo catalogo si è impreziosito di molti titoli che spaziano dal tema sportivo al tema bellico. A tal proposito Carlo, il General Manager di WBS,  ad un anno di distanza dalla prima chiacchierata che avevamo fatto qui a Idee Ludiche, torna a farci visita per parlarci di un gioco a cui tiene molto: We Were Brothers.
Si tratta di un war game molto particolare, studiato per soddisfare i gusti degli amanti di questo genere ma non solo… per usare una sua definizione WWB è una amalgama di stili in cui ognuno riconosce il genere che più ama.


> Ciao Carlo, bentornato! Parliamo subito di We Were Brothers, raccontaci come nasce e come “funziona”.

Ciao Max, è sempre bello essere ospite del tuo blog! Incasellare We Were Brothers in una categoria di giochi è per noi sempre molto riduttivo, tanto che abbiamo deciso di coniare una definizione specifica per questo gioco, un po’ mutuata dal mondo delle auto. We Were Brothers è un “cross-over wargame”, ovvero un wargame classico nel quale sono confluiti anche altri generi, dai quali abbiamo preso sempre il meglio che questi potevano offrire: dal gioco di miniature 3D, al gioco di ruolo. Come ambientazione ci siamo coraggiosamente distaccati dal trend Normandia /D-Day, devo dire molto di moda quest’anno, per portarci più vicini a casa, con la famosa “Corsa verso Roma”, (The race for Rome, come la chiamarono gli Alleati) che copre i 3 grandi sbarchi in Italia: Sicilia, Salerno ed Anzio. Questa scelta ci sta dando ragione perché –provo molta tristezza a dirlo- si è commercialmente abusato della Normandia: basti considerare che dal 2004 al 2014 si è perso l’82% di interesse nei confronti del D-Day. Per questo motivo, per il fatto che nella campagna di Italia si sono combattute alcune tra le battaglie più importanti della Seconda Guerra Mondiale, il gioco ha suscitato molto interesse. Dal punto di vista ludico abbiamo preso un’ambientazione tipicamente 3D, da gioco di miniature (ce ne sono 120 nella confezione oltre a case, muretti, siepi ecc. tutte rigorosamente in 3D) e vi abbiamo costruito all’interno un wargame classico, con le mappe esagonali, le missioni storicamente ricreate, le armi e le tattiche dell’epoca.

A questi due generi abbiamo però tolto le parti che generalmente rallentano il gioco, come l’uso di metri e righelli tipici di un 3D e le centinaia di tabelle dei wargame (non me ne vogliano gli appassionati dei due generi). Ma allora come si gioca? Molto semplice! La mappa esagonale facilita movimenti e linea di vista (LOS), perché basta contare gli esagoni (per altro ci sono due serie di esagoni, una specifica per il movimento e una per la LOS, per semplificare ancora di più le procedure), mentre per eliminare le tabelle abbiamo inventato un sistema nuovissimo chiamato Alea Struggle Combat System o ASCS in cui basta tirare il dado per avere il risultato del combattimento: infatti abbiamo riportato tutte le tabelle di fuoco classiche su una serie di dadi (dal bianco al nero) in cui la probabilità di colpire ed uccidere aumenta di dado in dado. In pratica tutti i modificatori sono applicati al dado stesso e non al tiro del dado. Facciamo un esempio pratico: diciamo che sparo a media gittata con un Garand, per cui dovrei tirare il dado blu. Tuttavia, poiché il mio bersaglio è dietro un muretto ottengo un malus di -2, per cui scorro verso il basso la serie dei dadi fino ad incontrare il dado verde; tiro il dado e scopro che il mio colpo ha ferito lievemente l’avversario. Fatto! Niente tabelle, incroci o cose da imparare a memoria. Tiri il grilletto e spari! Parlo di tirare il grilletto perché la scala di gioco è molto piccola, addirittura il singolo soldato: ogni giocatore comanda una squadra di fuoco di 4 soldati che dovrà muovere e far combattere per raggiungere l’obiettivo della missione, e qui entra in gioco il lato RPG. Infatti ogni soldato viene generato automaticamente, con un nome, un cognome ed una storia fino allo scoppio della guerra: la sua storia influirà sulle sue abilità particolari. Nel corso delle missioni questi soldati avranno la possibilità di migliorare le proprie abilità o acquisirne di nuove, diventando sempre più professionali e duri da uccidere. Questo fa sì che il giocatore si affezioni ai propri uomini. Qui racconto un aneddoto: durante i test un nostro amico, anche particolarmente “duro”, ha visto uno dei suoi uomini essere colpito alla testa da un cecchino. Il soldato cade a terra e inizia a perdere sangue (ricordate la scena di Salvate il soldato Ryan?), i suoi compagni vorrebbero soccorrerlo, ma il cecchino è ancora nei paraggi e turno dopo turno vedono spegnersi il loro compagno fino a morire senza poterlo aiutare in nessun modo. Per “colpa” di questa dinamica presente in We Were Brothers, in cui spesso un soldato cade ferito e peggiora lentamente, il nostro amico è quasi scoppiato in lacrime e per tutto il giorno successivo ha ricordato le gesta eroiche del suo soldato nelle missioni precedenti. Se volessimo fare un collegamento con il mondo videoludico direi che senza dubbio We Were Brothers è il Brothers in Arms dei giochi da tavolo.

> Da quello che ci dici We Were Brothers è sicuramente un progetto importante, è da molto che ci state lavorando?

Ad essere onesti la lunghezza della creazione del gioco non è stata dovuta alla realizzazione della struttura del gioco, quanto al suo ampliamento. Ogni persona che lo ha testato ne è rimasta talmente affascinata da voler aggiungerci qualcosa di suo per migliorarlo e ampliarlo. Basta dire che a progettazione finita e testata, a fine agosto, qualcuno ha avuto la splendida idea (e non sono ironico) di voler creare la possibilità di giocarlo in solitario. Ed eccoci di nuovo al lavoro! Stiamo giusto completando gli ultimi test sul sistema in solitario in cui il nemico è dotato di intelligenza artificiale e si muove, combatte e prende decisioni in base alla situazione tattica e al suo stato di salute, secondo algoritmi mutuati dall’industria dei videogame. Non sono i mostri di Descent che combattono fino alla morte, ma uomini decisi a completare la loro missione, nell’estremo tentativo di rimanere in vita. Il sistema è molto interessante e dà del filo da torcere al giocatore, proprio perché il nemico “pensa” ed agisce in base alla situazione. Sicuramente è un ambito che stiamo sviluppando e troverà sempre maggiore consistenza col passare del tempo, soprattutto nelle espansioni future.

> Entriamo un po’ più nel dettaglio, quali sono i punti di forza del gioco?
 

Sicuramente il coinvolgimento grazie all’azione in prima persona e all’ambientazione 3D; la semplicità del sistema, che però rimane estremamente impegnativo e stimolante anche per i wargamers più duri e il lato storico-simulativo: non solo ci sono le missioni e le armi storiche, ma soprattutto sarà necessario fare ricorso a tutte le tecniche di combattimento, perché con lo scontro frontale non si andrà mai da nessuna parte. Guardare la mappa, sfruttare le coperture, muovere le proprie truppe sfruttando il fuoco di copertura, sono tutti elementi che faranno la differenza quando si gioca a We Were Brothers. Un altro punto di forza non secondario è la sua longevità: oltre alle 30 missioni storiche un generatore di missioni random garantisce sempre battaglie nuove con plance ed obiettivi diversi. Di questi tempi mi sembra anche importante sottolineare il lato economico: tutto il gioco è in scala 1/72. Questo significa che non bisogna comprare armate e veicoli specifici per il gioco, spesso a costi esorbitanti: sarà sufficiente recarsi al negozio di modellismo sotto casa o, direttamente sul nostro e-commerce e acquistare per pochissimi euro svariati mezzi e tantissime truppe!

> Quale è il target a cui si rivolge?

Il gioco è stato creato con la collaborazione della Gilda dei Giocatori di Ferrara e l’aiuto del Casus Belli di Latina, due tra i più importanti club di wargames storico di Italia, per tanto anche i wargamers, più duri da “io gioco solo ad ASL” troveranno pane per i loro denti. Ci rivolgiamo ai wargamers occasionali, che però vogliono qualcosa di più di un Memoire ’44, senza arrivare appunto ad ASL. Grandissimo riscontro in termini di pre-vendite lo abbiamo avuto da appassionati di giochi di miniature alla Descent, ad esempio e perfino da giocatori di ruolo “puri”. La bellezza di We Were Brothers sta proprio nel fatto che è un perfetto amalgama di stili in cui ognuno riconosce il genere che più ama.

> Ed ora la domanda che ogni vostro fan vorrebbe rivolgervi: quando uscirà e dove sarà reperibile We Were Brothers?

Siamo in corsa per arrivare entro Natale con le prime consegne, dato che non ci aspettavamo neanche noi un tale successo e abbiamo venduto praticamente tutto il primo lotto di produzione, tanto da dover reintegrare diversa componentistica, il che ci farà perdere un po’ di tempo. Siamo fiduciosi però di concludere il tutto in tempi brevissimi, grazie all’aiuto dei nostri partner che stanno facendo un lavoro davvero eccezionale per aiutarci e che non finiremo mai di ringraziare. Ricordo a tutti che è in corso la pre-vendita ad un prezzo davvero allettante ancora per qualche giorno e che sono disponibili tre versioni del gioco. Quella base che contiene tutto il necessario per giocare (miniature, casette, plance ecc.) potete trovarla qui; lo starter-kit senza miniature, per chi le ha già a casa qui ed infine la versione che sta spopolando ma sta anche per finire, ovvero le 100 copie della versione Deluxe con scatola in legno numerata e alcuni elementi scenici in 3D aggiuntivi qui, utilissimi per aggiungere realismo all’azione.

> WBS ha in serbo altre novità o idee di cui vuoi parlarci?

Il 2015 ci vedrà impegnati in varie espansioni, a partire proprio da quella di We Were Brothers, che aggiunge il combattimento tra veicoli, fino ad arrivare alla prima espansione di Legend che letteralmente rivoluzionerà il nostro primo gioco prodotto, rendendolo ancora più simulativo, avvincente e bilanciato.


Un grazie a Carlo e a tutti gli amici di WBS, è sempre un piacere potervi avere con noi, in bocca al lupo per We Were Brothers e, mi raccomando, continuate a costruire sorrisi! ;)



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